dal Riformista
Claudio Magris è uno dei pochi intellettuali di respiro e rilievo internazionale di cui disponiamo. Abbiamo dunque letto con attenzione la sua opinione, espressa ieri sul Corriere, secondo cui la guerra angloamericana in Iraq è un’avventura colonialista, finirà molto probabilmente in qualcosa di peggio del Vietnam o dell’Afghanistan per i sovietici, e dunque condannarla non equivale ad essere nemici dell’America. Tesi note, con un fondo di verità, e che attendono la verifica dei fatti.Ciò che Magris stavolta aggiunge è che «sarebbe per questo bene se nessuno facilitasse, neanche involontariamente, le scorrette accuse di antiamericanismo rivolte a chi doverosamente critica questa guerra». Giusto. Ce ne sono tanti in giro per l’Italia che fanno cose del genere. L’ultimo week-end è stata una specie di fiera dell’antiamericanismo, autorevoli esponenti politici ed ex sindacali hanno chiarito che non si augurano una soluzione rapida del conflitto con la vittoria degli alleati, cresce il numero di coloro che pensano che una punizione sul campo dell’aggressione americana sarebbe una buona cosa. Pensavamo che Magris ce l’avesse con loro. E invece, sapete con chi se la prende? Con i corsivi di Ballarò. Intendiamoci: ciò che dice di quei presunti corsivi lo sottoscriviamo parola per parola: «Pasticcio di melense e inopportune spiritosaggini e pacchiana faziosità, genericamente antioccidentale». Ma non si scambia qui la causa per l’effetto? Se proprio si vuole mettere un freno all’antiamericanismo non sarebbe più coraggioso prendersela con chi lo sparge a piene mani dal pulpito della politica, invece che con chi lo confeziona maldestramente nel retrobottega di uno studio televisivo?
Gli intellettuali versus Alessandro Robecchi. Forza Robeck! Questo blog è con te! (csf)
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