da Piergiorgio Welby
Le esortazioni alla pace non sono retorica. E tuttavia rimangono inascoltate, si mostrano inefficaci. Lo sono sempre state. E’ difficile immaginare una concentrazione di voci di pace più possente di quella che si fa udire in Europa tra il XV e il XVI secolo: Cusano, Ficino, Moro, Erasmo. Ma è anche difficile immaginare un’epoca più cruenta, nella storia d’Europa, di quella che tien loro dietro. Sono quelle stesse voci a rendersi conto di essere rimaste sole a gridare nel deserto. Per trasportare nei fiumi sotterranei le anime dei morti in guerra, Caronte – lo scrive lo stesso Erasmo nel dialogo “Charon” deve lasciare la vecchia barca e comprarsi una trireme. Caronte si lamenta: “Sento dire che lassù c’è un poligrafo che con la sua penna non fa che combattere contro la guerra ed esortare alla pace”. Alastor, lo spirito vendicatore, lo rincuora: “Da tempo costui canta per i sordi. Una volta ha scritto un lamento della Pace disfatta; ora compone un epitaffio per la Pace estinta”. (ES)
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