da Lorenzo Mazzucato
Poche settimane dopo l’11 settembre 2001, partecipai ad una conferenza su Lacan. Ricorrevano il secolo dalla nascita e i vent’anni dalla morte del grande psicanalista francese. Ai relatori posi la seguente domanda che, in forma di paradosso, sperava di verificare infondata la tesi di Samuel Huntington dello scontro di civiltà: “SeLacan avesse avuto in analisi due illustri candidati al suicidio simbolico come Jàn Pàlach (Praga, 1968) e Mohamed Atta (New York, 2001), li avrebbe “curati” prescindendo dall’abisso che divide le due civiltà da loro simbolicamente esaltate con l’estremo sacrificio della vita, oppure avrebbe cominciato esattamente da lì?”.Allora, le due risposte che ho ricevuto (assai dotte e articolate) minavano la fondatezza della famosa teoria di Huntington. Inoltre, mi rassicurava anche il fatto che le vittime (gli USA) ragionavano, anziché vendicarsi. Ora, a due passi dalla guerra contro l’Iraq – che secondo l’amministrazione Bush “proseguirà la lunga guerra contro il terrorismo internazionale” – proprio ora mi sembra che Samuel Huntington avesse esattamente ragione. All’integralismo fondamentalista di Mohamed Atta non si risponde più con quella grande civiltà che da Socrate arriva, dopo 2300 anni, fino a Jàn Pàlach, bensì con un integralismo fondamentalista speculare: quello della “guerra preventiva”.
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