da Michele Ainzara
Quando muore uno come Agnelli, muore un uomo che, per dritto o per traverso, è stato nel nostro paese e nel mondo una delle persone più importanti del secolo scorso, e di parte di questo. Le percentuali che i giornali gli hanno dedicato sono sacrosante: se fosse morto Andreotti, le cose sarebbero andate più o meno alla stessa maniera, rappresentando i due forse il vertice massimo mai raggiunto, ciascuno nel proprio settore. La qualità dei titoli e la quantità di pagine dedicategli non avrebbero nulla di straordinario, se i giornali, facendo onestamente il loro mestiere, si limitassero a fornire informazione educata e professionale. Siccome però si usano le nove colonne e i titoli di scatola per il pretzel che ha rischiato di strangolare Bush, allora mi stupisco che non siano usciti coi supplementi per onorare la morte di Agnelli. Il mio parere? Stavolta la sua ironia è fuori luogo, così come è inutile il conto delle pagine e la classificazione per percentuali. Suona come quello che va a vedere la finale dei campionati del mondo di calcio e, siccome non è capace di giocare, si metta a criticare il colore dell’erba del campo.
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