da Primo Casalini, Monza
Dopo aver letto l’editoriale di Scalfari di ieri, l’articolo di Maltese e l’intervista a Sartori di oggi, verrebbe da dire: “Oh, adesso è chiaro perché non bisogna fare i boccaloni sulle riforme!”. A parte Caldarola sul Riformista, che dà del peggiorista a Cofferati, invece di complimentarsi per il successo nella battaglia sull’art.18, si continua col “Non basta dire no”. Diciamo “No, grazie”, allora, così sfottiamo un po’ pure noi, visto che il premier con condiscendenza sprezzante ha detto che è disposto ad ascoltare consigli, bontà sua, ma che comunque va avanti lo stesso. Eppure è così semplice: “L’opposizione deve essere in campo con le sue proposte e con le sue priorità”, ha detto Cofferati. E sono di nuovo tutti in fibrillazione perché il 10 gennaio al Palasport di Firenze ci sono Cofferati e Moretti. Azzardo una previsione: il Palasport non basterà. La prima iniziativa politica della mia vita è avvenuta nel 1956: avevo smesso da poco i pantaloni corti. Era la sfilata degli studenti per protestare contro l’invasione dell’Ungheria. Ed ancora oggi sono contento di esserci stato. Negli anni, ho imparato ad apprezzare le tante qualità di quelli che Prodi chiama “i miei amici comunistacci”, e quando la scelta è stata fra Craxi e Berlinguer, era inevitabile per me scegliere il secondo, mantenendo immutato il giudizio sull’URSS annessi e connessi. Questi affannosamente si preoccupano di scolorire il tatuaggio; a me piacerebbe che mantenessero le qualità di riformismo pratico, quotidiano, che hanno avuto per decenni. Quand’è che smetteranno di dirsi “comunisticomunisticomunisti” da soli?
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