da Manuela Faccani, Ravenna
Già… nevica. Alzo le tapparelle e dalla finestra della camera da letto tutto è improvvisamente diventato magico, il balcone del vicino, lo stendipanni, una scopa dimenticata fuori, perdono la loro sciatteria di oggetti quotidiani per incappucciarsi di morbidi ricami e trasformarsi in arnesi di gnomi. Poi, mi vesto. Calze pesanti, pantaloni pesanti, maglione pesante, scarpe pesanti, cappotto, cappello, sciarpa, guanti; come l’uomo Michelin caracollo per le scale, sperando di non ruzzolare, perché chi mi rialzerebbe?Marciapiedi di fanghiglia, schizzi di automobili maleducate. Autobus in ritardo, traffico a passo di lumaca. Sgocciolii gelidi di ombrelli sulle mie spalle. In ufficio, ascensore rotto. Metà colleghi assenti. Il capo arrabbiato. Colpa della neve, naturalmente. Tutto è colpa della neve. Eppure la neve non è altro che un fenomeno atmosferico, come la nebbia, la pioggia, il caldo d’estate e il vento in primavera. Ma ci giustifica; posso essere un autista maleducato, annaffiare il vicino in autobus, o farmi prendere da uno scatto di nervi, e dare la colpa alla neve. Posso far tardi in ufficio, e dar la colpa alla neve. Posso evitare una riunione noiosa, e dar la colpa alla neve.Non so se desiderare che la neve sparisca in fretta, o che continui, per avere una buona giustificazione, domani, vedi mai ne avessi bisogno! Tanto poi tornerà quella buona, solida, spessa nebbia, che qua non giustifica più niente e nessuno, perché tanto, ci siamo abituati.
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