da Sergio Pilu
Siamo qui, schiacciati tra i ricordi di Agnelli (che, un po’, piango anch’io: sarà che sono juventino ed ho avuto l’inspiegata fortuna di essermi sempre trovato bene con le Fiat che ho guidato?) e la prima di ritorno del campionato. Oggi è il Giorno della Memoria, e – scusate il gioco di parole – non so quanti se ne ricorderanno entro sera. In questo momento, sento sulla pelle l’aria densa ed umida che ho trovato a Dachau una decina di anni fa, quella che mi faceva girare la testa di fronte ai forni crematori; e sento i brividi di freddo, provati di fronte ai tavoli delle torture ed alla Scala della Morte di Mauthausen, in un altro lontano agosto della mia vita. E risento le parole di un reduce di Auschwitz, mentre lo riaccompagnavo a casa dopo un incontro tenuto nella parrocchia che frequentavo ai tempi: “ci sono cose che noi sopravvissuti non diremo mai, perchè non c’è limite alle bassezze che può commettere un uomo”.
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