da Manuela Faccani
Non mi è mai piaciuta la Befana. Arcigna maschera al soldo dell’establishement genitoriale per piegare i bambini ad incomprensibili regole. Un pezzetto di carbone per ogni capriccio; un pezzetto di carbone per ogni piatto di insipida verdura rifiutato; un pezzetto di carbone per ogni fuga da quella zia che dà baci umidi e bavosi; un pezzetto di carbone per ogni momento trascorso – con la complicità del nonno – ad ingozzarsi di nascosto di cioccolata (che ai bambini fa venire la carie, e ai vecchi il diabete, si sentiva tuonare dall’altra stanza!). Se ripenso a quest’anno, temo più del solito la Befana. Un pezzetto di carbone per ogni fastidio verso la politica della maggioranza – a cominciare dal Palavobis, e poi, via via, fastidio tante volte reiterato e dimostrato. Un pezzetto di carbone per ogni insofferenza verso i riti e i miti di una sinistra desueta; un pezzetto di carbone per ogni rigetto della pavidità e della bigotteria di un centro ingessato su se stesso. Un pezzetto di carbone per ogni pensiero divergente. Un pezzetto di carbone per ogni risata di fronte alle nudità dei re che vanno pavoneggiandosi fra noi. Un pezzetto di carbone per ogni sogno inseguito, il doppio, per ogni sogno afferrato… ed è successo anche questo. No, credo che la calza resterà piegata nel cassetto, quest’anno, e che la Befana non la trovi!
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