da Saverio Luzzi
la morte di Gianni Agnelli era nell’aria da tempo.Ne era certo anche lui. Nessuno ha riflettuto molto sulla consapevolezza di morire che Agnelli aveva, della quale si è avuta la massima testimonianza quando l’Avvocato donò la sua collezione di quadri alla città di Torino. Fu il suo testamento. Credo che le redazioni dei giornali in questi mesi abbiano preparato “coccodrilli” su “coccodrilli”, pensando di fare un figurone. Invece si sono avuti fiumi di retorica e pochissime analisi serie sulla figura di Agnelli, espressione del capitalismo familiare (provinciale) italiano. Un capitalismo, però, ancora industriale e non meramente finanziario come quello dei leoni rampanti di oggi.Per questo credo che il titolo e gli articoli de IL MANIFESTO siano stati i più centrati (e, forse, anche i più belli).
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