da Marco Limido, Legnano
È vero, tutti noi (o quasi) tendiamo a farci influenzare dal fascino delle firme. Dobbiamo però tener presente che comprare un’automobile non è come comprare un bel vestito, in particolar modo per chi può permettersi una sola vettura. Dietro l’acquisto di un’utilitaria o comunque di un’auto di medie dimensioni (settore grazie al quale la Fiat campava), aspetti come il prestigio di una griffe passano decisamente in secondo piano, sovrastati da altre questioni quali il costo, i consumi, la sicurezza, etc. Le grandi marche europee (Volkswagen, Renault, Pegeut, Ford, Opel) che hanno tolto mercato alla Fiat nei segmenti medio-bassi hanno basato su questi aspetti la loro forza d’impatto sul pubblico. Il marchio Ferrari è il marchio automobilistico più noto al mondo, su questo non ci piove, ma esso esso è comunque il simbolo di una industria tutto sommato contenuta rispetto ai colossi appena citati, il segno di un’azienda che lavora su di una scala relativamente piccola. Se si vuol fare rinascere la produzione di corso Marconi, bisogna prima prima rivoluzionare i modelli che si producono, per renderli davvero competitivi rispetto a quelli esteri, perché a mettere il Cavallino rampante su delle auto di modesto valore si fa solo la figura dei taroccatori, oltre che (cosa gravissima), coprire di ridicolo un simbolo glorioso, quello dell’unico autentico mito italiano del XX secolo.
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