da Mario Quaia
Repubblica sta attraversando una doppia crisi: strutturale (comune a tutto il settore) e di identità. Ecco, non so più cos’e’. Certamente non più quella di prima. Mi da’ perfino fastidio questa presenza invasiva di Molinari, sul giornale, sul sito, sul web, senza rendersi conto che non incide, non lascia traccia del suo pensiero. Su Repubblica on line ho letto per ben tre volte negli ultimi mesi notizie di Lapo Elkan (Lapo Elkan, cazzo!), mentre la fuga delle firme continua. Più che Saviano mi ha colpito l’uscita di Attilio Bolzoni che da quarant’anni si occupava di mafie, collusioni politiche e di apparati dello Stato. Un tempo si emigrava per fame, adesso evidentemente alla ricerca di qualcosa che dagli scaffali di Repubblica è andato esaurito.
L’intervento di Mario Quaia è particolarmente interessante e significativo visto che è stato uno dei direttori del gruppo fino a circa 15 anni or sono. Volevo solo aggiungere una cosa: se ne stanno andando via i migliori. Ricordo che io sono uno dei fondatori della Repubblica, uno di quelli che ha fatto perfino quella ventina di numeri zero. E me ne sono andato via dopo tre mesi. Sono il primo dei transfughi (prima di me Massimo Fini che se ne andò via prima del numero uno). Però io sbagliai. Allora io non avevo nessuna ragione per farlo. Repubblica era un giornale splendido. (csf)
da Barbara Melotti
I giornali di carta in casa li abbiamo abbandonati. Da anni. Un po’ dopo i telegiornali, parecchio dopo i talk show coi quali penso di festeggiare ormai il decennio di divorzio. Il Corriere non l’ho letto veramente mai, sapete com’è, retaggio famigliare da antichi comunisti, il corriere della serva, insomma quella roba li. Di Repubblica.it leggo i titoli, molto raramente qualche articolo e qualcosa di locale, abbastanza però per sapere non solo com’è peggiorata nei contenuti ma anche e a volte soprattutto della totale povertà degli articoli, quattro cosette buttate lì, retroscena che non lo erano (la citazione è per far arrabbiare il padrone di casa, qui). Quindi come mi informo? A parte cercare di sfuggire all’eccesso di informazione che rischia sempre il sovradosaggio, un rischio concreto nell’era di Internet, leggo Il Post che seguo dall’inizio della sua avventura essendo Francesco Costa un mio giovane amico da molto prima che ci lavorasse, da quando era poco più che ventenne qui a Roma, e che fa un lodevole sforzo, tenendo conto anche della disparità dei mezzi, ed uso i social, Facebook soprattutto, al posto dei feed reader ormai defunti, che ho molto usato e amato in passato, cioè seguo lì persone che conosco e stimo, quasi tutte personalmente, che hanno nel loro insieme conoscenze e interessi larghi e che segnalano lì le proprie letture. Le ultime elezioni americane col loro corollario ancora in corso mi hanno portato a leggere molto dei loro giornali e siti di informazione nell’ultimo anno. Se lo fate, anche coi meno paludati tipo CNN, vi rendete conto immediatamente delle differenze fra un articolo, uno vero, e quelli che leggiamo abitualmente sui nostri giornali: no retroscena, almeno 2 fonti sia pure sotto anonimato sempre citate, sempre segnalate le eventuali correzioni di errori e gli eventuali aggiornamenti, crediti al primo media a dare l’originaria notizia sempre chiaramente attribuiti, mai dato per scontato che si conoscano i precedenti, che sono sempre riepilogati, se già li conosce può saltarli il lettore. Proprio come Repubblica.it, vero? Eppure, si legge, anche lì il “mestiere” è in crisi, ma avercene qui, di quella crisi!
I quotidiani di carta sono peggiorati tantissimo, come darti torto. Ma più li abbandoniamo più peggiorano. Informarsi sui social è un delirio. Vuol dire rinunciare aprioristicamente all’informazione. Come andare in piazza tra la gente, ascoltare quello che si dice, e dichiararsi soddisfatti. Io credo che ancora oggi conviene rivolgersi alla carta stampata ma bisogna impegnarsi a leggerla bene. (csf)
da Nicola Purgato
Le questioni che sollevate sono, se mi consentite, secondarie. La mascherina di Salvini è un titolo maldestro, nulla più. Quanto a Rampini, da tempo mette in evidenza che Trump non è nato per caso, il trumpismo è il prodotto diretto della indifferenza dei democratici, legati alle elites intellettuali e culturali delle due coste, per l’America profonda. Repubblica è un giornale distrutto per altri e ben più seri motivi, con un disegno ben preciso alla base. Dall’avvento di Molinari, perde pezzi in continuazione, un elenco che si allunga ogni giorno. Quelli che arrivano sono collaboratori che Molinari raccatta a destra e a manca e i cui scritti non interessano nessuno. Se volete i nomi, vi faccio gli elenchi di entrambi. Ma credo non ce ne sia bisogno.
Non è vero, ce ne è sempre bisogno. Se non altro per dividere i buoni dai cattivi. Su Repubblica c’è un sacco di gente che scrive bene. C’è Natalia Aspesi, c’é Michele Serra. Vogliamo gettarli con l’acqua sporca? (csf)
da Silvia Palombi
Come tanti anni fa dal Corrierone, adesso divorzio da Repubblica. Da tempo, sorvolando su parecchie manchevolezze (sopporto senza fiatare che sia diventata il foglio della Fiat… sic Transit gloria mundi) la compro per la varietà e lo spessore di pagine e inserti culturali. Stavolta però gnaa faccio, spiego perché. Sabato 9 gennaio la fotonotizia sul capitone a Palermo per il processo Open Arms recitava “Matteo Salvini ieri a Palermo ha reso omaggio a Paolo Borsellino in via D’Amelio, sul viso una mascherina con la sua immagine. Pd e M5s accusano: ‘strumentalizza il magistrato”. Il giornalismo prevede l’esposizione dei fatti in maniera neutra ‘rende omaggio’ è neutro? Non mi pare, è stata una ributtante appropriazione indebita da parte di uno dei più luridi e loschi figuri che da troppi anni sopportiamo e mi ha fatto molto male, molto. Confido sulla buona mira dei palermitani in fatto di sputi.
Certo che ci vai leggera! D’altra parte se ne è andato via Saviano! (csf)
Da quando è morto il grande Maradona i giornali sono pieni di testimonianze di persone che lo conoscevano, gli davano del tu, giocavano a calcetto con lui, andavano in vacanza con lui, eccetera eccetera. E io chi sono per tirarmi indietro? Una volta lo incontrai a Buenos Aires. Lui mi fermò per strada e cominciammo a parlare. Non ci credete? Guardate la foto qui sotto. Lui, allegro e spensierato, si complimenta con me che gli faccio vedere sul cellulare la foto di quando giocavo tra i pulcini della Lazio.
da Serena Ciai
Beato te! Pensa io che devo rimettermi la dentiera dopo averla scovolinata per bene, la parrucca dopo averla spazzolata a dovere, il pannolone Tena tante volte qualcuno mi faccia ridere che non resisto…la protesi al polso destro sennó il mouse me lo sogno, tutti gli aggeggi per proteggere la mia unghia incarnita , la gotta e il ginocchio valgo … quando scendo per la colazione s’è fatto tardi , devo far mangiare i gatti e spazzolarli con la brusca, rimettere il nonno sulla sua seggiola spider da dove è caduto non si sa se dal gran ridere o dal grande urlare, si perché avevo lasciato il mio acustico sul water e non l’ho più trovato, visto che gli occhiali erano finiti…scusate, sono arrivati i medici del CIM, devo andare.
Cara Serena, noi siamo vecchi anagraficamente ma belli pimpanti dal punto di vista fisico. Tu poi! Lo sanno tutti che andrai alle Olimpiadi per correre i 100 metri ad ostacoli. (csf)
Stamattina quando mi sono svegliato ho stranamente pensato: “Quali sono le cose più noiose che mi piomberanno addosso nella giornata?” Ho ragionato un po’ e ho deciso che le cose più noiose accadono proprio tutte al mattino. La prima: Billie, la mia pastora australiana comincia a piangere perché vuole nell’ordine 1) uscire per fare la pipì,2) mangiare, 3) giocare con me. Niente di tragico, è bello portare la cagnetta fuori a passeggiare, se non fosse che fuori fanno sette gradi sottozero e c’è la neve alta un metro e mezzo. E tutto ciò va realizzato con l’accappatoio. Ma hai voluto il cane? Pedala. Io pedalo ma subito dopo tocca l’igiene dei denti. Lo scovolino, lo spazzolino e il filo. Non venite a dirmi che sono operazioni divertenti. Tra l’altro io uso uno scovolino che sta andando in disuso in Italia e mi tocca comprarlo online. Credo di essere l’unico in Italia che ordina lo scovolino da Amazon. Va bene, finita anche questa tocca lavarsi. D’accordo, bisogna farlo, ma è una stragrande rottura di zebedei. La soluzione è fare una doccia, un lavacro generale che almeno, pur essendo una noia mortale, aiuta a rigenerarsi per affrontare la giornata. Non basta, bisogna affrontare la zona salute, o meglio, la zona malattie. Controllo glicemico. Cinque minuti ed è fatta ma bisogna anche registrare il tutto sul diario altrimenti il medico diabetista si incazza. E vogliamo parlare del controllo della pressione? Il cardiologo mi ha raccomandato: misurarla quattro volte, scegliere le ultime tre e fare la media e scriverla sul solito diario. Poi le pillole. C’è stato un momento della mia vita che ne prendevo otto al giorno. Poi mi sono visitato ed ho deciso di passare a quattro, una sola delle quattro la mattina. Ma vogliamo parlare dei colliri? Uno per il glaucoma, uno per la pressione e il terzo non ho ancora capito perché. Ed eccoci pronti per vestirsi, forse la cosa meno noiosa se non fosse per il fatto che la simpatica cagnetta Billie, come anticipo ai giochi, si frega le calze e le nasconde già prima dell’alba. Trovati gli indumenti è il momento della colazione che non dovrebbe essere un momento noioso. Eppure…dal frigo tiro fuori ricottina e marmellatina di arance o di limoni, tiro fuori anche latte di soia, lo scaldo nella macchinetta che fa anche la schiuma, ci aggiungo il caffè, preparo tre biscotti (piadine? fette? Insomma i Wasa) con ricottina e marmellatina. E finalmente sbracato sul divano assaporo la prima gioia della giornata mangiando, bevendo e imboccando la cagnetta Billie con pezzetti di Wasa che piacciono anche a lei. Quindi un bicchiere e mezzo di croccantini al salmone per Billie e coccole sul divano. Da questo momento la giornata prende un abbrivio dolce ed interessante. Prima leggo la “spremuta di giornali” di Giorgio Dell’Arti, una rassegna stampa talmente lunga che faresti prima a leggerti tutti i giornali, poi approfondisco con Corriere, Repubblica e il Fatto per farmi una idea precisa di tutte le cazzate che hanno fatto ieri Trump e Salvini. Infine mi addentro nel territorio della provincia autonoma leggendo Il Corriere del Trentino e il Dolomiti. Direte: ma allora a questo punto di che cosa ti lamenti? Mi lamento del fatto che si è fatta l’ora di pranzo e debbo apparecchiare. E non ditemi che apparecchiare sia una cosa divertente. Mangiare, magari, sì. Ma è già passata una mezza giornata. Vabbè, stavolta è andata così. La prossima volta magari vi racconto le cose divertenti.
da Muin Masri
Alcuni sono convinti che il vaccino contro il Covid-19 sarà capace di modificare il DNA umano. Certo, detta così sembra una bestemmia, ma pensandoci bene, beh, perché no? Anzi, non sembra così male. Non siete ancora stanchi dell’uomo infedele, bugiardo, mediocre, bigotto, spietato, razzista, guerrafondaio, egoista, depresso, ammazza poesia, stanco dalla nascita, sessualmente malato e politicamente corretto? Spero, anzi, mi auguro che appena il vaccino anti-covid19 entrerà nelle vene dell’umanità come un cinghiale impazzito, ci faccia cambiare subito opinione su noi stessi senza vergogna, ci faccia avere il coraggio di chiedere scusa quando sbagliamo, di finire tutti i libri che abbiamo iniziato a leggere, di farci volare nella realtà e non nella fantasia, di fare l’amore senza mal di testa o mal di schiena e a tutte le età e in tutti i posti, di capire tutte le poesie alla prima lettura, di tornare felicemente ignoranti come prima di Wikipedia, di smettere di guardare indifferenti quelli che muoiono in mare, di fare una mongolfiera con tutte le bandiere del mondo e mandarla nello spazio carica di tutti i libri sacri, i Mein Kampf, Mussolini Memoirs, i Libretti rossi e i Libri verde. No, il Manifesto del partito comunista no, per favore! Di smetterla di ricevere i dittatori con tutti gli onori, di imparare a fare la Haka ai funerali al posto degli applausi. Spero, anzi, mi auguro che appena il vaccino anti-covid19 entrerà nelle vene dell’umanità come un volo d’airone stanco farà l’effetto del nirvana, ci libererà dei desideri e ci farà perdere completamente la memoria. E dimenticheremo la nostra diversità di pelle, di sesso, di origine, di provenienza sociale, di religione, di stupidità quotidiana. Insomma, “sognatori di tutto il mondo, vaccinatevi!”.
Facebook ogni tanto fa un regalino riproponendo ad anni di distanza alcune foto che erano apparse sul nostro account. Oggi, tra le altre, mi è apparsa la foto che ritraeva me e Mara Carfagna che scherzavamo chissà per quale motivo. Io l’avevo pubblicata. Eravamo in un locale di Roma, vicino alla Rai, la Madeleine, un bistrot di ispirazione parigina che andava per la maggiore in quei tempi. Ricordo che c’era il suo “braccio destro”, Luigi Crespi, e forse anche un suo fidanzato. Questo per dire che non eravamo noi due soli, in romantico aperitivo, alla Madeleine, come mi sarebbe piaciuto che aveste subito pensato. Io ero lì per convincere l’ex ministro alle pari opportunità a darmi una intervista. Gliel’avevo chiesta mille volte. Quella volta ci andai molto vicino ma alla fine fu ancora un “no”. In seguito continuai a chiedergliela mille volte. Mai. Non ho mai intervistato Mara Carfagna. E pensare che anni prima avevo addirittura presentato il suo libro “Stelle a destra”, moderando il dibattito con Cossiga e Alemanno, sfoggiando un mio meraviglioso cachemirino arancione (nonostante il divieto di entrare senza giacca nei locali della Camera). In quell’occasione vestivo un altro dei miei splendidi golfini, quella volta rosa. Ma nemmeno la mia incredibile eleganza riuscì a convincerla. Fu comunque un’occasione di simpatiche chiacchiere. Inutile che cerchiate di criticarmi. A me Mara piaceva molto e il suo clamoroso litigio con Alessandra (“Vajassa!”) me la fece piacere ancora di più. E mi piacque molto anche come fosse riuscita a passare con grande convinzione da omofoba a difensora del movimento LGBT accanto a Paola Concia e Vladimir Luxuria. Tutto questo blabla per spiegare la foto che accompagna questo post. Ce la scattò Luigi Crespi e non so su quale argomento stessimo scherzando. So solo che la pubblicai con questa didascalia: Mara:“Sa che lei somiglia molto ad Eugenio Scalfari?”. Claudio: “Sa che lei somiglia a Mara Carfagna?” D’accordo, si potevano fare battute migliori, ma io ho prodotto questa. E bisogna dire che la foto è molto bella. PS. Colgo l’occasione per rivolgere a Mara l’ennesima perorazione. “Me la dai questa intervista, maledizione?”
ACCANIMENTO. Vincenzo Iaquinta era un calciatore della Juventus e della nazionale italiana. Poi è incappato, come si dice, nelle maglie della giustizia, due anni di condanna per detenzione illegale di armi. Peggio è andato al padre, Giuseppe, 13 anni di condanna, per associazione mafiosa. Vincenzo è furioso. “Non mi arrendo alla sentenza”. Si sente deluso perché suo padre è stato condannato per la seconda volta: “Una volta si può sbagliare, due inizia a diventare accanimento giudiziario”. In realtà la seconda volta oltre che accanimento giudiziario potrebbe significare conferma giudiziaria. Così funziona la giustizia. Ma non dobbiamo accanirci anche noi. Auguriamo un’assoluzione in Cassazione. Ma Vincenzo ci prometta che nel caso parlerà di “fiducia nella giustizia”. È sempre così che accade. Condanna: accanimento. Assoluzione: fiducia”.
LA SOLUZIONE E’ IL BALLO. Alessandra Mussolini ha detto che la smette con la politica e torna allo spettacolo. Siamo tutti felici. Ballando con le stelle l’ha rapita. Adesso noi vorremmo segnalare alla Carlucci le ottime prestazioni come ballerino di Matteo Renzi. Anzi, si potrebbe lanciare una clamorosa coppia: Matteo Renzi che balla la mazurka insieme a Matteo Salvini. E che ne dite della coppia Casalino-Casaleggio impegnati in un frenetico charleston? Una promettente stagione di danze promette di risolvere i problemi della politica italiana.
IL PESO DEL VOTO. Donald Trump al telefono dà le istruzioni per ribaltare il voto in Georgia. Sembra abbia detto: “Tritura 300 libbre di voti”. Chi è quel politico italiano che disse: “I voti non si contano, si pesano”? Completezza dell’informazione: 300 libbre corrispondono a circa 150 kg. Fatto un conto un po’ alla carlona, un voto in Georgia peserebbe 12 grammi.
ALLA FINE FU UNO A ZERO. Niccolò Zaniolo, calciatore della Roma, sta con Sara Scaperrotta. Ma poi la lascia perché ha conosciuto Madalina Ghenea. Poi Sara dice: io aspetto un bimbo. Poi Zaniolo dice: va bene, lo riconosco. Poi la mamma di Zaniolo, Francesca Costa, balla con il figlio a torso nudo. Poi Sara Scaperrotta – dice la zia Sonia – viene cacciata di casa. Poi la mamma di Zaniolo dice che non è vero quello che ha detto la zia Sonia e che Sara se ne è andata da sola. Poi Niccolò dichiara sui social che abbandona i social. Poi Madalina Ghenea dice che non è vero che sta con Zaniolo. Poi. se Dio vuole, Roma Sampdoria 1 a 0. Il calcio è lo sport più bello del mondo.
NE VEDREMO DELLE BELLE. Dicono: non ci sono che queste soluzioni per superare l’impasse politico. Rimpasto (diamo un contentino a Renzi), Conte ter (con chi?), nuovo governo con Cinque Stelle e Pd ma senza Conte, governo di larghe intese (ammucchiata?), voto anticipato (ecco, ci mancava). Solo queste cinque ipotesi? E non pensiamo ai rigori? Non pensiamo al sorteggio? Non pensiamo al governo con primo ministro Angela Merkel? E non pensiamo a Tu si que vales?
È LA POLITICA, BELLEZZA. Diciamo la verità. Oggi a far casino, a rompere le scatole, a pretendere, a fare la voce grossa, è Matteo Renzi cioè l’uomo che disse che se avesse perso il referendum si sarebbe ritirato dalla politica. E forse alla fine tutto si risolverà dando un ministero a Maria Elena Boschi cioè la donna che disse che se Renzi avesse perso il referendum si sarebbe ritirata dalla politica. Cioè: che cosa è che non funziona? D’accordo, direte voi, e allora Trump?