da Silvia Palombi
Mia madre diceva ‘punto e basta’ e con ciò la discussione era chiusa. Punto non mi piace, punto e basta sì. Sono talmente abituata a vedere errori e refusi che se appena appena posso correggo libri giornali e persino cartelli che trovo in giro. Non sopporto l’apostrofo al posto dell’accento (e’ invece di è, che si può agevolmente fare anche col maiuscolo ma la ggente non lo sa e nemmeno ci prova), non sopporto nemmeno l’accento al posto dell’apostrofo (pò invece di po’). e via dicendo. Cioè non sopporto, in generale.
Aveva raggione tua madre. Punto e basta. Anche io non sopporto, come te, apostrofo e accento che si inseguono a caso. Ma devo dire che non sopporto nemmeno quelle come te che non mettono la maiuscola dopo il punto. Per questa volta ho rimediato io ma che non si ripeta! (csf)
ANTONIO SACCONE (UDC)
Tra le tante discussioni che hanno infiammato in questi ultimi venti anni questo blog, non ci crederete, c’erano quelle attorno alla grammatica e alla sintassi. Devo dire, mai abbastanza. Ricordo, era il 2001, mi sembra, dibattiti feroci su “qual’è”, su “quà”, su “esaggerati”. E sui congiuntivi in via di estinzione. Passati tanti anni, le cose sono peggiorate. Computer e social hanno gettato nel cesso qualsiasi tentativo di tornare ad un sistema di scrittura, e di eloquio, che tenga conto del fatto che abbiamo a disposizione una lingua splendida che sarebbe il caso di proteggere. Ci sono anche opinioni contrarie. Le opinioni di coloro, ai quali spesso mi aggiungo anche io, che sostengono che l’italiano è una lingua viva in continua evoluzione. Se non fosse così parleremmo tutti come Dante. E ci sono anche quelli che pensano che non bisogna essere troppo severi, che la lingua parlata ha diritto a qualche strafalcione. Scrisse Giselda Papitto, ho delle più assidue frequentatrici del blog: “Questo sito è un po’ come una casa di ringhiera, dove ci diamo sulla voce o ci passiamo l’aglio e prendiamo accenti, punti e virgole, così come capita, alla maniera di Totò”. Anna Laura Folena intervenne nella discussione invitando a non esagerare: “Le lingue vive sono in evoluzione, ma questo non significa che si debbano devastare! Non esagggeriamo!”
Io risposi con la mia infinita saggezza: “Sulle due “g” di esaggerato hai perfettamente raggione. Anche io ho cercato di spiegare che accellerato si DEVE scrivere con due “elle” altrimenti non accellera. Provate a pronunciare accelerato con una “l” sola. Non sentite che subito rallenta?”
Quanto ero spiritoso!
Oggi mi chiedo se qualcosa è cambiato in me. Per esempio: mi danno sempre fastidio i congiuntivi mancati? Si, mi danno ancora fastidio. Ma mi danno fastidio anche i congiuntivi aggiunti. Ci sono molte persone che per darsi un tono o per paura di sbagliare, nel dubbio, disseminano le frasi di congiuntivi indebiti. “Io sono sicuro che tu sia…”. Poi ho ancora una certa idiosincrasia per “qual’è”. Mi deriva dal mio maestro Lamberto Sechi che avrebbe ucciso chiunque avesse messo quel maledetto apostrofo. Ovviamente sto parlando di quegli errori che non derivano da mancanza di scolarità. Quegli errori sono assolutamente perdonabili. Ma vogliamo parlare di quelle persone che usano “piuttosto che” esattamente al contrario del suo significato? “Mi piace la pasta piuttosto che il riso piuttosto che la minestra”, per dire che mi piace tutto. Oppure quelle che dicono “mi taccio”. “Dico questo e poi mi taccio”, fa molto elegante e colto. E radical chic. Tàciti e non rompere le scatole. Oppure quelle che usano “punto” per dire che non c’è discussione. “Ronaldo è il più bravo di tutti. Punto”. Punto questa cippa. Oppure quelle che disseminano uno scritto di un miliardo di virgole. Tanto non costano nulla. Oppure quelle che non ne usano nemmeno una. Quasi costassero un miliardo l’una.
Non c’è alcun dubbio che scrivere sui telefonini non fa che peggiorare la situazione. E che i correttori automatici, contrariamente a quanto ci potremmo aspettare, non la migliorano. Per non parlare della trasandatezza dei giornalisti (“Ah signora mia non ci sono più i giornalisti di una volta!”) e della scomparsa dei correttori di bozze dei giornali, persone colte molto più della gran parte dei giornalisti, che un tempo erano una robustissima diga al dilagare dei loro sfrondoni. Insomma tutto cospira al raggiungimento del massimo livello di sciatteria causato non solo dalla pigrizia ma anche dalla fretta. Dovremmo però non lasciarci andare. Non bisogna esaggerare. Punto. E poi mi taccio.
Ho fatto quasi tutti gli sport possibili durante la mia vita. In tutti, implacabilmente, sono sempre arrivato fra gli ultimi. Corsa campestre, tiro al piattello, sci da fondo, nuoto, tiro a segno. Ultimo, sempre, tranne quando riuscivo ad arrivare penultimo. Ho fatto salto con l’asta e riuscivo a saltare più in alto se non usavo l’asta. Quando facevo salto in lungo non riuscivo a raggiungere la fossa con la sabbia. Non vi sto a dire quando ho fatto delle gare ciclistiche. Mai una gara vinta, in nessuno sport, nemmeno una batteria di qualificazione. Nei centodieci ad ostacoli abbattevo tutti gli ostacoli. Ho fatto dei rally automobilistici, mai vinto uno. Ho giocato a minigolf, una volta arrivai secondo, avevo otto anni.
Per questa ragione sono molto affezionato alle gare di trotto. Me le ha fatte scoprire un collega, Alberto Foà. Ho corso a San Siro, ad Agnano, al San Paolo di Taranto, a Follonica, a Treviso, a Modena, a Montegiorgio, a Trieste. Una stagione entusiasmante durante la quale ho perfino avuto l’onore di conoscere Varenne. L’ho accarezzato e lui, guardandomi negli occhi, mi diceva: “Lascia perdere, non è per te questo sport”. Invece io ho insistito. Ho “rotto” poche volte. Non sono mai arrivato ultimo. Sono arrivato secondo una volta ed ho vinto due volte. Vado molto orgoglioso di questi tre anni in cui ho girato le piste di tutta l’Italia. Sul sulky ho battuto ciclisti (Chiappucci), cantanti (Petra Magoni), politici (Punzi, sindaco di Taranto), calciatori (Boniek), Mi sono tolto soddisfazioni e potrei raccontare belle storie, come quando io e Petra Magoni ci siamo ingarellati (come diremmo a Roma) cosa da non fare mai e infatti, lei non mi faceva passare, io non volevo mollare e siamo stati battuti entrambi. Avventure indimenticabili come quando al cavallo che corre come un matto scappa la cacca e non vi dico che cosa succede. Ma per ora vi risparmio i miei ricordi. Anzi semplicemente li rimando perché so che voi morite dalla voglia di leggere quello che mi succedeva. Per adesso mi limito a segnalarvi i link cliccando sui quali mi vedrete volare verso la vittoria. Vi dico solo che mi chiamavano Babbo Natale, non so perché.
https://www.youtube.com/watch?v=OEWDmqyKqts&list=PLmDkJqImUz9RhUe0NGAGrN2LQ68eeimIF&index=2
https://www.youtube.com/watch?v=Z-dIyQ6P0ZA&list=PLmDkJqImUz9RhUe0NGAGrN2LQ68eeimIF&index=3
Matteo Renzi
Luciano Nobili (renziano)
Matteo Salvini (salviniano)
GIANNI MORANDI (corrente fatti mandare dalla mamma)
da Muin Masri
Avete presente quel tizio che al momento della conta nessuno lo vuole in squadra perché, oltre ad essere scarso a giocare, è pure maleducato e manda tutti a vaffa se non gli passano la palla? Ecco, quello lì il giorno dopo si presenta con un pallone nuovo di zecca tutto suo e il massimo che riesce a fare sono due palleggi scarsi. “Allora, chi vuole giocare con me?”. Ecco, Beppe Grillo, dopo avere portato il suo pallone al governo, si è esibito con due palleggi scarsi, il primo con Salvini e il secondo con Renzi, e ora sta preparando il suo terzo palleggio con i cosiddetti “Responsabili” o “Volenterosi” o “Costruttori” o “Renzi reloaded” o chiamateli come vi pare. Siamo tutti con il fiato sospeso: riuscirà a stupirci ancora e rimanere in partita o porterà via il suo Di Maio? Si accettano scommesse.
Non esiste mascherina che riesca ad imprigionare il naso di Bruno Tabacci.
E’ il farmaco più costoso al mondo. Si chiama Zolgensma. Una sola dose costa 2 milioni di euro. Ma bisogna dire che ne basta una dose per salvare una vita. Basterebbe una dose per salvare la vita di Melissa che ha dieci mesi e una malattia terribile, la Sma di tipo 1, la più grave forma di atrofia muscolare spinale, una malattia che colpisce le cellule nervose della spina dorsale impedendo progressivamente la capacità di deglutire, camminare e respirare.
La Sma colpisce un bambino su 80mila. Il servizio sanitario nazionale fornisce la cura ma solo ai bambini più piccoli di sei mesi. Melissa ne ha dieci. E non è l’unica in queste condizioni. In Italia ci sono altri 13 bambini che hanno la malattia di Melissa. Quattordici famiglie stanno combattendo la loro battaglia disperata. Appelli sui social (hastag #esefossetuofiglio), lettere al ministro Speranza, organizzazione di raccolte fondi milionarie, viaggi all’estero dove le cure non hanno limiti di età.
Accanto a loro è scesa in campo Maria Grazia Cucinotta, che è diventata la madrina della loro associazione e ne parla ogni volta che va in televisione. E soprattutto rivolge appelli a tutte le persone che hanno un minimo di visibilità perché condividano queste storie e facciano sentire anche la loro voce. “Basta la firma del ministro”, dice, “E una iniezione. E si salva una vita”.
Quello che mi chiedo però, come prima cosa, è: può una medicina costare 2 milioni di euro?
da Massimo Puleo
La polizia russa ha arrestato Alexej Navalnj anche per la prossima accusa