Piercamillo Davigo, in Tv, da Formigli, dice una frase e sui giornali si scatena il putiferio. Giornalisti, giudici, politici. Gli danno tutti contro. Vediamo quale è la frase che scandalizza tutti. “L’errore italiano è stato quello di dire sempre: ‘Aspettiamo le sentenze’. Se invito a cena il mio vicino di casa e lo vedo uscire con la mia argenteria nelle tasche, non sono costretto ad aspettare la sentenza della Cassazione. Smetto subito di invitarlo a cena”.
E poi ne dice una ancora più forte. “Se il mio vicino di casa è stato condannato in primo grado per pedofilia, io, in omaggio alla presunzione di innocenza, gli affido mia figlia di sei anni perché la accompagni a scuola? No!”
“Parole che mettono i brividi”, dicono. “Fa paura”, commenta Matteo Renzi.
Leggere queste cose mi fa tornare indietro nel tempo. Queste parole le ho già sentite. Le ha dette a me, la prima settimana di febbraio del 2009, undici anni fa. Mi ha detto quasi esattamente la stessa frase: «Facciamo un caso. Il mio vicino, quello cui affido mia figlia per accompagnarla a scuola, viene accusato di essere un pedofilo. Finché non si pronuncia la Corte di Cassazione è innocente. Ma io continuo ad affidargli mia figlia?». Allora queste parole non hanno messo i brividi a nessuno. Sono state ritenute parole di buon senso. Matteo Renzi che allora era presidente della Provincia di Firenze, agli inizi della carriera, non si mise paura. Perché nessuno, allora, avrebbe affidato la propria figlia di sei anni ad un sospettato di pedofilia, ancorché assolto in primo grado. Oggi deve essere cambiato qualcosa. Prendo atto che oggi gliela affiderebbero.
Era una bella intervista, quella di undici anni fa. Sono tutte belle le mie interviste, splendide, eccezionali. Vero? Ma Davigo mi dette una mano perché le sue risposte sono sempre intelligenti, sorprendenti, acute. Gli chiesi la sua opinione sul problema della interpretazione della legge. Se fosse giusto per un magistrato applicare la legge alla lettera oppure la potesse interpretare. Rispose: «Omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. E se cagioni la morte di una donna? Ai tempi della Bicamerale, nella bozza Boato c’era la proposta di vietare l’interpretazione estensiva. Se fosse passata, sarebbe stato impossibile condannare chi uccide una donna».
Comunque, se volete rileggerla, andate qui (http://interviste.sabellifioretti.it/?cat=367)
Io da piccolo frequentavo l’Azione Cattolica, andavo a messa tutte le domeniche, mi confessavo e facevo la comunione. Poi, folgorato sulla via di Damasco, ma nel senso inverso, ho dimenticato tutto, Chiesa, religione, fede, preti, sacramenti. Tutto. E ho fatto bene. Non mi sono mai pentito di questa scelta. E anche se fosse capitato che mi pentissi, prontamente sarebbe scesa in campo la Chiesa a ricordarmi di non fare l’errore. L’otto per mille, l’evasione dalle tasse, la ricchezza ostentata, la pedofilia, lo Ior, l’intromissione nella politica. C’è sempre stata una grande abbondanza di motivi per i quali stare da questa parte del Tevere. Ogni tanto c’è un papa buono, ogni tanto incontri preti sani e giusti (io li chiamo i pretacci). Ma in linea di massima la Chiesa rimane una istituzione dalla quale è meglio stare alla larga. Non ci delude mai. Avresti immaginato che proprio la Chiesa si sarebbe opposta alle regole di ingaggio col coronavirus? E’ proprio così indispensabile andare a messa mettendo a repentaglio la salute della gente? Via! Tutti dentro alle chiese a respirare bacilli velenosi. Dice: va bene ma l’ostia la prendiamo con i guanti! Dice: ma non ci scambiamo più il segno della pace! Dice: ma rispetteremo le distanze! E lasceremo fuori quelli per i quali non ci sarà posto. Io non credo che esista Dio. Ma se per caso esiste in questo momento sta scuotendo la testa mormorando fra sé e sé: “Ma perché li ho creati così stupidi?”
Nelle carceri si sta male. Va detto, per evitare qualsiasi equivoco. Ma non per colpa del coronavirus. Quando è scoppiata la pandemia c’erano pochi posti al riparo da ogni rischio. Fra questi i conventi di clausura e i penitenziari. Tanto è vero che il rimedio pubblicizzato e imposto era: state a casa e non uscite se non per motivi gravi ed urgenti. C’è da dire che le carceri italiane fanno quasi tutte schifo. Una incredibile concentrazione per metro quadrato. L’apoteosi dell’assembramento. Ma anche molte famiglie italiane sono compresse in pochi metri quadrati. Moglie, marito, suocera, nonno e un grappolo di figli in minibilocali. Ci hanno smarronato da settimane con la giusta tiritera: lavatevi le mani e non andate a passeggio. Quindi chi meglio dei carcerati? Nella disgrazia della privazione della libertà, i prigionieri godevano del privilegio di non dover compilare la autocertificazione per andare a trovare gli affetti stabili. Bastava sanificare, controllare le guardie carcerarie e qualche tampone ogni tanto. Invece no. Le anime belle si sono mobilitate: fateli uscire. Ma il problema è l’opposto. Dalle carceri italiane non bisogna farli uscire. Bisognava non farceli entrare.
PS: Secondo voi è già partita la campagna per costruire nuove e più moderne (più vivibili) carceri? Sì? No?
“La privacy, la privacy!” Tutte le volte che un interesse privato viene in qualche maniera minacciato si leva alto il grido di allarme. “La privacy!”. La privacy è il diritto alla riservatezza della vita privata di una persona. Ma è un valore assoluto, applicabile sempre e ovunque? Non è così facile. Pensate che non si sa nemmeno come andrebbe pronunciata la parola. Praivasi? Privasi? Boh. Io odio persino la parola privacy. Perché ognuno pensa che la privacy sia sempre e soltanto quella sua. La mia privacy è la privacy. La vostra privacy? Chissenefrega. Comunque la privacy, di chiunque sia, è una grande rottura di palle, spesso reclamata per difendere oscuri interessi, spesso inutile, quasi sempre invocata per non dire di sé cose imbarazzanti. O permettere che vengano dette. Un concetto pieno di contraddizioni. L’attricetta che cerca di affermarsi chiama i fotografi nel ristorante dove sta cenando con un produttore famoso. Ma quando diventa un’attrice famosa li allontana con disprezzo rivendicando il diritto alla riservatezza della sua vita. Ognuno ha la sua idea di privacy, esistono mille idee di privacy. Il giudice in tribunale: lei si dichiara colpevole o innocente? “Vostro onore, sta scherzando. E’ questione di privacy”. Il padrone in azienda: che cosa sta guardando sul computer? Sta per caso giocando a burraco? “Non si permetta! Ho diritto alla privacy”
La cosa bella è che tutti i giorni, a tutte le ore, la nostra privacy è continuamente violata a nostra quasi insaputa e nella totale indifferenza della gente. I cookies ci spiano e raccontano a chi vuole pagare tutte le nostre abitudini. Google, Facebook, tutti i social scandagliano la nostra vita telematica, si impadroniscono delle nostre malattie, dei nostri gusti, delle nostre voglie, sanno se siamo pedofili, se siamo infedeli, se ci piace la Nutella, se siamo litigiosi, se crediamo in Dio. Sanno tutto. Eppure, adesso, molti di noi si scandalizzano se una “app” un po’ invasiva vuole impadronirsi dei nostri movimenti per monitore se e quante volte usciamo. Da notare: stiamo parlando di una cosa probabilmente anonima e sicuramente a base volontaria. Cioè: io metto questa “app” (Immuni) sul mio cellulare (se voglio) e la “app” segnala chi incontro e per quanto tempo (in forma anonima). Eh no amici miei. Mi appello alla privacy. Cioè, da una parte una fisima, dall’altra decine di migliaia di contagi mortali da combattere. Non c’è niente da fare, mi viene spontaneo: chissenefrega della privacy.
Sono più importanti i rapporti di parentela o quelli di amicizia? Non si parla d’altro. Ora che la fase 2 ci dà un po’ più di libertà è giusto consentire di andare a trovare il cugino del cugino di tuo padre e vietare di andare a trovare il tuo più caro amico? Sulla Repubblica deverdellizzata è comparso ieri un articolo di Michela Marzano, in cui la filosofa-politica si impegna in un intenso elogio dell’amicizia, da Cicerone in poi. “Gli amici si scelgono, a differenza dei familiari che si ereditano o subiscono, e con i quali, spesso controvoglia, si cerca di trovare il modo di convivere”, scrive la filosofa-politica. Come darle torto? D’altronde è quasi sicuro che il tuo più caro amico ti è anche molto simpatico mentre lo stesso non si può dire con certezza del cugino del cugino di tuo padre. C’è da dire che non è obbligatorio andare a trovare il cugino del cugino di tuo padre e che puoi anche rimanere a casa come hai fatto finora. Ma vediamo di approfondire. Citando Tito Pomponio Attico e perfino Aristotele, Michela Marzano scende in campo a difesa dei valori dell’amicizia e attacca gli estensori del decreto che favorisce i congiunti e solo loro. “Come si fa a trovare la forza per ricominciare a scommettere sull’esistenza quando viene negata la possibilità di stare accanto alle persone più fidate?”, scrive Michela Marzano. “I legami più importanti sono proprio quelli amicali”. E poi conclude: “Peccato che nessuno, tra gli autori del documento che doveva chiarire chi si potrà incontrare da domani, si sia andato a rileggere i testi del padre della filosofia morale”.
Peccato veramente. Resta un problema. Come si deve comportare il carabiniere di fronte a chi gli dice: “Vado a trovare un amico”?
Deve controllare. “Ma lei vuole veramente bene a questo amico?”. Oppure: “Da quanto siete amici?” Oppure: “Ha una dichiarazione del suo amico che dice che è affettivamente il suo più caro amico?” “Non è che magari è un amico così così”. “La vostra è un’amicizia sincera?” Oppure: “Non è che magari oggi finite col litigare?” Il punto è proprio questo: tu puoi andare a trovare tua suocera anche se la odi. Perché tua suocera è tua suocera. E’ scritto negli atti amministrativi. Ma gli amici no. L’amicizia è eterea. Incontrollabile. Non esiste uno stato di amicizia come esiste uno stato di famiglia. Non esiste l’albo degli amici, come esiste quello dei commercialisti.
Però. Attenzione. In realtà esiste l’albo dell’amicizia: Facebook. Ecco, io lancio la mia modesta proposta. Si può andare a trovare solo gli amici di Facebook. Io ne ho 5 mila. Uno al giorno, vado avanti per 14 anni. E chissenefrega del cugino del cugino di mio padre.
Leggo e trascrivo un piccolo paragrafo dell’articolo di Eugenio Scalfari sulla Repubblica di oggi.
“Ho ricordato la scorsa settimana che ciascuno di noi fin da quando vive se stesso è agganciato al proprio Io che determina il se stesso di Cartesio in una fase nella quale la libera servitù di Étienne de La Boétie ha un privilegio storico che dovrebbe insegnarci molte cose. Ne ho parlato con Conte. Mi è sembrato sensibile all’insegnamento di Montaigne e di Étienne de La Boétie.”
Dite quello che vi pare. Io adesso sono già più tranquillo.