Reduci entrambi dall’australiana, io e mia moglie, accuditi da Billie, abbiamo deciso di prepararci soli soletti un cenino dell’ultimo dell’anno. Carote, finocchi e sedano in pinzimonio più tre fette di prosciutto. Brindisi con acqua semplice e una fetta di torta. Adesso aspettiamo i botti, non perché mi piacciano ma perché fanno paura a Billie. E poi a dormire. Che meraviglia.
I tre piccoli bambini tanto simpatici e tanto carini abitano a Corciano e da quelle parti si beccano la influenza australiana. Vomitano tutto il vomitabile (ci sarebbe anche il cagotto ma non posso stare a raccontarvi tutto) e come in un gioco di società passano il batterio alla zia, alla nonna, alla bisnonna centenaria e alla badante della bisnonna centenaria che abitano a Colle Umberto. La nausea, e il cagotto, si spostano ma rimangono sempre in famiglia e sempre nella dolce Umbria. A questo punto, come un pirla, arrivo dalla capitale io, che sarei il figlio della bisnonna centenaria, il fratello della nonna e lo zio della zia. Grande pranzone di Natale e, la notte, arriva il mio turno. Non prima però di un burraco con gli amici di Città di Castello. Gli untori della mia famiglia smettono di essere i tre piccoli bambini e io mi assumo il gradito compito si diffondere a gratis l’australiana anche a Città di Castello. Con tutti i batteri in corpo partecipo ad un torneo di burraco nel quale arrivo terzo pur febbricitante a Perugia. A questo punto parto, su un treno Italo, e risalgo lo stivale. A Lavarone mi aspettano Penelope, Billie (pastora australiana che se ne frega perché la malattia è roba del suo paese), mio figlio e due giovani tedeschi. Il tempo di salutarli da lontano e mi infilo nel letto. Ma l’australiana è più veloce del vento. Il giorno dopo fa finta di non esserci ma la notte fa il suo dovere e colpisce inesorabilmente mia moglie. Mio figlio e i tedeschi se la sono data a gambe per tempo e sono scappati a Camogli. Ingenui. Stamattina arriva la notizia che l’australiana la fa da padrona. Due su tre hanno passato la notte in bagno. E’ tempo di bilanci. Come untori io e i miei famigliari siamo al top. Ma abbiamo fallito, almeno per ora, i partecipanti del torneo di burraco e, a quanto ne so, sembra che siano scampati anche i viaggiatori del treno Italo. Le telefonate si intrecciano e gli argomenti fanno schifo. Leggo sul giornale che in Italia siamo più di un milione in queste condizioni. Vi prego solo di non dare tutta la colpa a me. Sono stati quei mascalzoni dei tre piccoli bambini di Corciano a cominciare.
E’ vero, sono stato un po’ assente, ma non è stato per le feste di Natale, è stato per l’ultimo colpo di coda di questo pessimo 2016, l’influenza. Sono tuttora a letto ma sto meglio. MeAnzianoYouTuber continua ad andare avanti come se le feste non esistessero e fra dieci giorni partiremo alla grande per un 2017 che vedrà la novità: l’ingresso di Federico Bernocchi nella squadra e il triplicamento del tempo della trasmissione. Per il resto saremo ancora più splendidi di prima. Tante belle cose.
Chi è l’uomo dell’anno secondo gli ascoltatori di @CaterpillarAM? E’ una donna. Ma anche io mi sono fatto onore. Sono quinto. Davanti al grande allenatore, al grande cantante youtuber, davanti alla grande sindaca, davanti al grande premier e davanti al grande rimba. Questa è la classifica.
1 Beatrice Vio
2 Pietro Bartolo
3 Vigili del Fuoco
4 Alex Zanardi
5 Claudio Sabelli Fioretti
6 Claudio Ranieri
7 Fabio Rovazzi
ù8 Virginia Raggi
9 Matteo Renzi
10 Lapo Elkann
Mi aggiro da solo nei corridoi della sede Rai di via Asiago. Sembra il deserto di Atacama. Alla Rai cominciano a farsi gli auguri di Buon Natale il primo dicembre. Dopo qualche giorno si iniziano a prendere le ferie. Girano tutti con grandi pacchi argentei. E camminano per i corridoi con sguardo perso e occhi sognanti. Cambiano anche gli argomenti di conversazione. Non più lo scalone, lo scivolo, i contributi, gli esodati e quante ferie hanno maturato e quanti mesi ti mancano alla pensione. Improvvisamente compaiono Courmayeur, Maldive e anche : “Io resto a casa, non hai idea di quanto si sta bene a Roma nei giorni di festa. Io, i bambini e i turisti giapponesi”. I programmi del palinsesto della Radio vanno avanti, ma qualsiasi richiesta viene respinta o nel migliore dei casi ignorata. I curatori sono a Varadero, i direttori alle Svalbard, tu vai all’ufficio apposito (in Rai esistono gli uffici appositi ma generalmente sono vuoti) per chiedere un microfono perché quello dell’Eiar ormai ha collassato. Risposta: “L’aereo da Las Vegas atterra alla Malpensa fra tre giorni. Ce la fai a resistere?)“.
In Rai ci sono, antropologicamente parlando, due razze. I dipendenti e quelli che lavorano, i precari. Nei quindici giorni prima e nei quindici giorni dopo una festività, i dipendenti evaporano. Si ammalano, consumano milioni di giorni di ferie arretrate (ma arretrate da quando?), oppure semplicemente scompaiono. Se io fossi un golpista mi accorderei con i precari che in quei giorni rimangono padroni degli uffici e degli studi. In quesi giorni nessuno controlla nessuno. Se tu prendi un microfono e per un quarto d’ora proclami la ricostituzione della Repubblica di Salò non ti interrompe nessuno. Solo verso la mezzora dopo faccetta nera, eja eja alala e “chi alla vittoria ci conduce? Il Duce!” arriva una delle guardie dell’ingresso e ti dice: “No, queste cose non le puoi dire. Io sono stato l’anno scorso a Salò, una vacanza bellissima, però è meglio Desenzano” Il precario non sa il potere che ha. Il giorno che se ne renderà conto vorrei non esserci.
Sembrerebbe una idiozia eppure è contenuta nelle 76 pagine dell’ordinanza del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Le vigilesse di Venezia non debbono usare rossetti vistosi, unghie troppo laccate, capigliature eccentriche o capelli troppo lunghi, orecchini con pendenti, tatuaggi visibili. Il look obbligatorio non è solo prerogativa di Daria Bignardi, direttrice di Rai3 (e ne ha tutto il diritto guidando un ente che fa dell’immagine una delle sue prerogative principali). Adesso speriamo che anche gli altri sindaci non seguano l’esempio. Lasciamo tranquille le vigilesse di Napoli, Roma e Milano. Che vestano come vogliono. Raccomandiamo loro solo di non uscire col tacco 12, non per una questione di look ma perché negli inseguimenti non sarebbero adatti. Comunque ci sono dei vuoti: ciglia finte? collane? braccialetti? fard? piercing? extention? zeppe? calze a rete? Tutto permesso? E poi: gli uomini? Loro possono fare quello che vogliono? Possono mettersi il rossetto? Possono laccarsi le unghie? Possono mettersi i calzini bianchi con le birkenstock? E’ la solita discriminazione. La vera parità è irraggiungibile.
da Antonia Biagini
Ho letto la tua scelta su FB. Credo che tu abbia perfettamente ragione e che faccia bene a selezionare i tuoi amici. Spero di non essere esclusa perché mi piace seguirti. Colgo l’occasione per farti gli auguri di buone feste. Io sono cattolica praticante e non mi piace questa festa che é diventata solo consumistica. Penso ai terremotati ( io l’ho sentito e sono ancora impaurita) rimasti senza nulla, lavoro compreso. Penso ai siriani e provo un senso di sgomento e mi vergogno per il nulla che si sta facendo per questa povera gente. Io e mio marito, in questo tempo di profondo dolore e di grande ingiustizia sociale , abbiamo deciso di fare beneficienza .Un abbraccio di pace
Ricominciamo con la figuraccia del mio amico Roberto Giachetti. Aveva tutte le ragioni, anche se è renziano, per prendersela con Speranza sul tema del Mattarellum. Lui a favore del Mattarellum aveva lottato a lungo e si era trovato di fronte proprio Speranza che non lo voleva. Adesso Speranza lo vuole e allora Giachetti gli ha urlato: “Hai la faccia come il culo”. Che non è una bella cosa. Gufi, accozzaglia, coglioni, pezzente. Ne sentiamo ogni giorno di tutti i colori. Perché i politici sono come noi e noi siamo cialtroni. Ma i politici non devono essere come noi, debbono essere meglio di noi.