Qualcuno si sarà chiesto, forse, come mai non vi ho detto come è andata la corsa di trotto della scorsa settimana. Qualcuno si sarà chiesto come è andata la corsa di trotto della scorsa settimana. Qualcuno si sarà chiesto forse se per caso il mio silenzio stampa derivasse dal risultato sportivo. Qualcuno avrà forse maliziosamente sospettato che se avessi vinto avrei sparso la notizia ai quattro venti. Qualcuno di quelli che leggono i giornali di trotto forse si sarà domandato se il Sabelli Fioretti arrivato penultimo nella seconda corsa non fossi per caso io. Qualcuno potrebbe tutto sommato anche farsi i fatti suoi. Qualcuno potrebbe chiedersi a questo punto che cosa succederà. Bene, sappiate che sabato sera a San Siro farò le mie vendette. In notturna.
Non ci vuole tanto per capire che la storia di Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita, non finirà troppo bene per lui. Io sono convinto che non possa essere stato l’unico depositario della conoscenza dei giri di milioni del finanziamento pubblico e del suo uso improprio. Ma una cosa è certa, lui sapeva. I giudici lo volevano arrestare e l’hanno arrestato una volta ottenuto il nulla osta del parlamento. Non nascondiamo dietro ad un dito. Qui si parla di politica, non di giustizia. Altrimenti non si spiega come mai in altre occasione analoghe il nulla osta non sia stato concesso. I talebani del garantismo avrebbero voluto salvare anche lui, come in altre occasioni avevano salvato altri colleghi, perché – sostenevano – se i giudici mancando il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del delitto hanno chiesto l’arresto ugualmente, è chiaro che c’era il fumus persecutionis, la volontà di fargli del male a prescindere. Ma Lusi ha commesso un errore poco prima di entrare in carcere. Ha detto che a questo punto ha un sacco di altre cose da dire. Frase comprensibile se partiamo dal suo scoramento e dal desiderio di vendicarsi degli ex compagni di partito. Ma che rivela la sua attitudine alla bugia. Dunque Lusi non ha detto tutto. Ma adesso lo dirà visto che i suoi compagni non lo hanno salvato dalla galera. E questo è un uomo che non ha nessuna intenzione di inquinare le prove? Al contrario: le inquina o meno secondo il suo interesse e secondo l’interesse dei complici. Basta leggere senza paraocchi la sua dichiarazione. Se adesso, dalla galera, volesse farci il piacere di raccontare fino alla fine come sono andate veramente le cose, chissà che magari i giudici non gli concedano gli arresti domiciliari.
Il Portogallo ha battuto la repubblica ceca. Adesso basta solo che la Grecia batta la Germania, che l’Italia batta l’Inghilterra e che la Spagna batta la Francia. E sarà fatta. I poveri dell’Europa in testa al calcio europeo. Evviva i campioni dello spread. Che se la giochino fra loro e dedichino la vittoria alla Merkel, alla Bce, ai poteri forti, allo sviluppo. Una sola raccomandazione: non giocatevi la finale ai rigori. Rigore è una parola da bandire. Non se ne può più.
Le migliaia di persone che si stanno chiedendo se il secondo posto nella seconda corsa di Treviso della settimana scorsa avrà un seguito sitranquillizzino. Il prossimo week end sarò a Modena . E stavolta non mi farò fregare in volata.
Chiedo spesso agli ospiti di “un giorno da pecora” che cosa pensino dell’idea di introdurre nella nostra legislazione il matrimonio gay. A quelli che si dichiarano contrari chiedo per quali ragioni si sentano in diritto di limitare la libertà del prossimo. Potrebbero avere molti argomenti non tutti balzani. Accetterei perfino che qualcuno mi dicesse: “Non lo so. È qualcosa che mi viene da dentro, una specie di istinto naturale. Sento che che è giusto così”. Accetterei perfino che qualcuno argomentasse con la stupida frase: “È sempre stato così”. Quello che non accetto è che mi rispondano (e lo fanno sempre più spesso) richiamando la Costituzione. Primo: la Costituzione si può cambiare. Ed è stata cambiata per motivi meno importanti dei diritti degli omosessuali. Secondo: la Costituzione non parla MAI dell’argomento. MAI. Il tanto richiamato art.29 parla di famiglia e di matrimonio, è vero. Ma MAI fa riferimento al sesso dei contraenti. MAI i nostri padri costituenti hanno scritto nella Costituzione che il matrimonio è riservato a due contraenti di sesso diverso. Si sono dimenticati? Va bene. Lo davano per scontato? Va benissimo. Ma l’articolo 29 non dice MAI che il matrimonio è esclusiva degli eterosessuali. Quindi, per favore, signori omofobi, cercate altri argomenti.
A volte mi chiedo: ma perché gli uomini portano la cravatta, a che cosa serve? Magari è un simbolo erotico?
A volte mi domando anche: ma perché le donne portano i tacchi alti, a che cosa servono? Magari sono un simbolo erotico?
Sia che si occupino di esodati, sia che si preoccupino dei nostri soldati sofferenti all’estero, sia che il loro compito sia quello di coprirci di tasse, oppure di annunciarci che siamo nella crisi più nera degli ultimi cinquant’anni, i nostri governanti si assomigliano quasi tutti in una cosa: l’apparenza. Sono ben vestiti, eleganti, puliti, pettinati. Sembrano sempre appena usciti da una doccia e di essere appena passati dal parrucchiere. Più ci danno brutte notizie più si vestono bene. Questo non è un elogio dell’ipocrisia. E vi assicuro che non sto incitando la gente che ci rappresenta alla sciatteria. Ma vedere sui quotidiani le immagini pulite, perbeniste, borghesi e benestanti di signori che indossano un’immacolata camicia bianca fresca di bucato, calzando impeccabili scarpe di vernice a punta, spandendo a destra e a manca un sorriso smagliante a 36 denti, dondolando allegramente una costosissima borsa di cuoio, stringendo in mano l’ultima versione del più tecnologico degli smartphone, circondati da clienti a loro volta elegantissimi e da agenti della scorta serissimi e stiratisimi, beh, ditemi quello che volete ma mi infastidisco. Il look «sobrio» a volte proprio non va giu. Vuoi mettere con lo stile «cialtrone»?
Ho cominciato questo mestiere facendo il giornalista sportivo, come mio padre che era direttore del Corriere dello Sport e che fu il primo radiocronista di calcio. Solo per dire che so di che cosa sto parlando. Sto parlando dei telecronisti tifosi. Che cominciano la telecronaca urlando forza Italia forza azzurri. Roba da terzo mondo sportivo e culturale. Telecronisti che parlano della squadra usando il pronome «noi», che di un avversario che sbaglia dicono «per nostra fortuna non ha colpito bene il pallone», che si trasformano anche in commissario tecnico. «Non dobbiamo fare questi passaggi, piuttosto palla indietro al portiere». Oppure: «Io Balotelli non l’avrei fatto uscire». In compenso, mentre le telecamere indugiano su volti noti e seminoti sulle tribune, si guardano bene di dire i loro nomi. Dicono anche «se nessuno protesta come facciamo a convincere l’arbitro che era fallo?» Insopportabile. Il giornalista sportivo non deve fare il tifo, deve raccontare, dire i nomi, spiegare il regolamento, rendere l’atmosfera, trasmettere l’emozione. Il tifo lo facciamo noi. È come se il giornalista politico facesse il tifo per un politico o per l’altro. È come se il giornalista economico facesse il tifo per un amministratore delegato o per l’altro. Come dite? Vabbé, faccio finta di non aver sentito.
Tutti coloro che si fossero chiesti come è finita la seconda corsa della riunione di trotto di Treviso sappiano che sono arrivato secondo dopo un’intera gara di testa. Grande momento di sport. Volete vedere? Il link è il seguente
http://video.unire.it/?ippo=TREVISO&nazione=ITALIA&tipo=T
Poi cliccate sulla seconda corsa di Treviso, non ve ne pentirete