da Pier Franco Schiavone
Me la ricordo la Pivetti coi suoi tailleur, gonna sotto al ginocchio, e i foulard di seta al collo. I capelli li aveva corti, ma non troppo, erano tagliati alla borghese-meneghina-al-funerale-del-vescovo. Subito dopo la sua esperienza istituzionale la vidi in un comizio della Lega in Piazza Duomo a Milano, in camicia verde; tolta la messa in piega sfoggiava riccioloni ribelli e diceva: quando ero lí, in quei palazzi romani, pensavo a voi. Loro, i leghisti, gridavano: viva la Irene, Irene sei una vera Padana. Boccaloni, come sempre. Poi linsospettabile esibizionismo della Irene prese gradualmente il sopravvento e si trasformò in una sorta di Santa Maria Goretti in versione punk coi capelli rasati a zero. Sí, perché lei non ha mai dimenticato di essere la reincarnazione di una vandeana, solo che ha capito che le colonne infernali, memore di quanto accadde 200 anni fa, vanno affrontate mimetizzandosi. Oggi, coi capelli sapientemente permanentizzati, posa con Costantino (il bamboccione tutto muscoli e niente talento) in versione semi-sexi. In una foto sfiora la patta del gagliardo giovanotto. Fossi in lei starei attenta alle donne con lo chignon, potrebbe incontrare la reincarnazione di Nilde Jotti e sarebbero cazzi amari.>
da Isabella Guarini
Caro Freeman. gli architetti sono una razza dannata, ma necessaria. Ciò premesso, vengo alle questioni professionali. Condivido il pensiero da lei espresso sulle tariffe e le garanzie necessarie. Penso, comunque, che la liberalizzazione dipenda dalla eliminazione degli ostacoli opposti dalle lobbies, costituite dalla rete dei poteri economici, politici e professionali, garantiti dalle leggi imposte dalla UE. Le varie leggi Merloni, ad esempio, impediscono l’ingresso in alcuni settori pubblici attraverso il concorso con procedura ristretta. Formula ad excludendum che promuove la formazioni di lobbies sotto le varie firme dello star system dell’architettura globale. Nella città in cui vivo non mi è stato possibile partecipare al concorso per il Parco di Bagnoli, perché venivano richiesti requisiti finanziari da nababbi, piuttosto che idee per la soluzione delle questioni urbanistiche e ambientali. Come se il fatturato possa assicurare la bontà del progetto! La UE spalma miliardi per grandi opere che, automaticamente, finiscono nelle mani di pochi eletti con il sistema della procedura ristretta. Sarebbe ora di abolirla!
da Carla Bergamo
Solo per le statistiche: numero di Taxi a São Paulo: 32.766 (1 per ogni 305 abitanti); Parigi: 14.900, New York 12.800, Madrid 11.500, Londra 20.000. Se Roma effettivamente ne ha meno di 6.000, ben venga la liberalizzazione. p.s. e domenica, ce la puoi fare, Italia?
da Matteo Tassinari
Se Prodi fa come la Thatcher è la fine. E soprattutto, non dia retta a Tommaso Trevisiol da Verona quando scrive: “A Prodi dico: avanti così, a testa bassa”. Ma che modi di dire sono! Esprimono sinapsi al filo spinato.
da Vittorio Grondona – Bologna
Non cè che dire. L’onorevole (?) Matteo Salvini, 32 anni, dirigente della Lega Nord, giornalista di professione, direttore di Radio Padana, eurodeputato dal 2004, è proprio un simpaticone. Merita un brindisi di compiacimento non solo per le belle espressioni patriottiche che riesce a comporre nella sua prestigiosa testa, ma soprattutto perché non si vergogna di esternarle in pubblico. Un vero uomo dei nostri tempi… Oserei dire padano perfetto senza difetto!… Lo paragonerei nei modi e nello stile ad alcuni ragazzi che ho visto mentre si recavano al RAVE di Bologna a dorso rigorosamente nudo, orgogliosi di mostrare a tutti la loro spaventosa magrezza mascherata qua e là da alcuni tenebrosi tatuaggi. Giravano con le mutande fuori dai pantaloni e questi ultimi stupendamente calati fino al sesso e lì ben assicurati con una gigantesca luccicante fibbia che chiudeva con esaltante magnificenza una larga cintura di vera pelle… Un raro esempio di virilità simulata!… Mi chiedo: che ci fa l’onorevole (sic) Matteo Salvini nel Parlamento Europeo? Che Paese rappresenta? E, soprattutto, chi lo paga? Ci vuole proprio il coraggio e lorgoglio padano per non vergognarsi di prendere soldi da una Patria che si disprezza. E fra quei soldi che si intasca ‘lonorevole (arisic) ce ne sono anche dei miei che sono italiano e che differentemente da lui amo tutta lItalia!
da Ganni Guasto
caro CSF, un amico mi ha inviato questo articolo della Padania, che mi pare meriti di essere conosciuto dai lobbysti.
da Claudio Urbani, Roma
A vedere i numeri si rimane sconcertati e soprattutto si capisce perché è così difficile trovare un taxi qui a Roma. I taxi ufficialmente son 5900, che divisi in tre turni, mattina pomeriggio e servizio notturno, sono circa 2200-2300 taxi a turno, considerando ridotto quello notturno. Considerando una grande presenza di turisti in quasi tutte le stagioni, che sono quelli che di più usufruiscono del servizio, balza subito agli occhi quale penuria ci sia e quanto lavoro ci sarebbe, considerando anche l’estensione di Roma, il cui comune copre un area quasi grande come la provincia di Milano. Eppure il Comune, che da due anni cerca di dare altre 500 licenze di taxi, ne viene impedito con opposizioni durissime. Mi viene un dubbio: ma i taxisti hanno almeno letto il decreto Bersani?
da Carlo Perego
Si parla di tariffe dei giornalisti: per la maggior parte di chi è iscritto all’OdG ovvero i giornalisti pubblicisti, che non sono dipendenti ma collaboratori, la questione è una gran presa per i fondelli. Macchè categoria superprotetta: tutte grosse palle! Ad essere protetti sono solo i grossi nomi che scrivono per le grosse testate! Collaboro con un settimanale della mia zona, che, oltre a dar spazio a roboanti notizie quali i motorini fracassoni od il marito ubriaco che insulta moglie e cognati, ha deciso di farmi fare dei servizi d’approfondimento su tematiche d’attualità tipo l’opinione dei politici della zona o sulla complessa tematica legata all’immigrazione. Di pirla come me ce ne sono tanti: o ti adatti, oppure via! Sai quanti ne trovano di ragazzotti che, sognando un avvenire accanto a CSF o Gian Antonio Stella sono disposti a scrivere anche a gratis? (…)
di Alessandro Robecchi (da Paola Bensi)
Mai e poi mai avremmo sospettato di arrivare a questo punto. Al punto di esser mossi a compassione da alcune specie in via di estinzione come per esempio Francesco Speroni, o Calderoli, o addirittura il Bossi Umberto. Eppure leggere le loro riflessioni all’indomani della bastonata che una forma di vita rivelatasi piuttosto intelligente (gli italiani) ha assestato alla famosa devolution muove un certo senso di pietà. Speroni vorrebbe andare a vivere in Svizzera (cioè in un posto dove i gay possono sposarsi, sacrilegio!). Calderoli ha in faccia il colore della sua camicia. Maroni, leggo su quanche titolo «detta le condizioni», come se dopo una simile scoppola potesse dettare qualcosa che non sia il testamento. Insomma, a dirla tutta, si assiste alla fine ingloriosa di una cosa chiamata Lega e già ci sono offerte di molti zoo che promettono di tentare un salvataggio in extremis della specie: una missione disperata, visto i sonori sberloni arrivati da Milano, da Venezia, persino da Treviso. L’Idea resiste dunque in qualche valle e in qualche anfratto nascosto, un po’comel’orso bruno: meglio non farsi vedere in città. Certe botte in testa generano anche confusione geografica: di colpo, per gli «analisti» della Lega, Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Friuli, Trentino, non sono al nord. Al nord c’è solo il Lombardo- Veneto: ci si chiede che razza di mappamondo hanno, in via Bellerio. Come sempre di fronte al dramma di una specie in via di estinzione, ci si chiede cosa ne abbia causato la scomparsa: inadeguatezza, difficoltà di adattamento all’ambiente, concorrenza selvaggia di altre specie più ciniche e feroci. In effetti la Lega ha passato anni a cedere terreno di fronte a Berlusconi Silvio. Pur di avere la famosa devolution gli ha votato di tutto. Gasparri, Cirami, colpi di spugna, condoni, falsi in bilancio, leggi ad personam, tutte cose che solitamente si danno in cambio di moneta sonante. Invece, incauti, hanno accettato una cambiale. Un «pagherò», che alla fine non doveva pagare nemmeno Silvio, ma gli italiani tutti, i quali – giustamente – hanno fatto marameo. E’ la dura legge dell’evoluzione: mentre l’homo arcorianus è (a stento) sopravvissuto facendo promesse che non poteva mantenere, l’homo padanus è scomparso proprio accettando quelle promesse. Grave errore, ma piuttosto dilettantesco. Nemmeno i dinosauri ci sarebbero cascati. Sù, compagni, un po’ di pietà, mi pare il minimo!
da Peter Freeman
Cara Isabella, mettiamoci d’accordo, se possibile, su un paio di questioni. La prima: io sono favorevole all’abolizione degli ordini professionali tutti, di sicuro di quello dei giornalisti, fermo restando la libertà di associazione. Non mi è chiaro per quale motivo io debba appartenere per legge ad un ordine del quale fanno parte Biscardi e Bruno Vespa. La seconda: penso che l’ingresso alla professione debba essere comunque regolato per legge, il che non significa l’imposizione del ridicolo esame di stato. Terzo: penso tutto il male possibile degli architetti italiani, pur avendone sposato una. Quarto: in Germania, paese serio assai, dove peraltro l’ordine degli architetti esiste, quando si fa un appalto l’architetto progettista non può presentare un progetto che vada al di sotto di certi prezzi, pena l’espulsione dall’ordine. So bene che prezzo di appalto e tariffe professionali sono due cose differenti, e tuttavia imporre che le tariffe non scendano al di sotto di certi livelli è innanzitutto una garanzia di serietà per il cliente. Quarto: la paga dei giornalisti dipendenti è stabilito dal contratto nazionale di lavoro, non dall’ordine, mentre per i pubblicisti gli editori fanno un po’ come gli pare, compresi compensi da fame. Quinto: le lobbies degli architetti cosa sono? O meglio, chi sono? Gregotti? Fuksas? Piano?