da Massimo Puleo
Al di là della lettura o meno dell’intervista (che sarà sicuramente godibile) il fatto di cui mi rammaricavo è uno: nel periodo di promozione del libro di Vespa, esce l’intervista di Sabelli a Vespa. Lo stesso Sabelli sul cui blog si contano da tempo le comparsate promozionali del conduttore di Porta a Porta. Mi pare che lo abbiano notato in tanti qua dentro. Ciò di cui invece mi dolgo è di aver chiesto scherzosamente a Csf se si preparava a indossare i panni del maggiordomo di Porta a Porta. Non avevo intenzione di offendere, volevo ventilare l’idea di una collaborazione fra i due. Equivoco di cui mi assumo la responsabilità. Se è per questo che Csf si è scagliato contro di me – signor nessuno, che non ha potere né voglia di censurare chicchessia – offendendomi, allora va bene. Altrimenti no.
Massimo, io ti ho offeso? Va bene che sei siciliano ma è il caso di essere così permaloso? Il mio era solo uno scherzo e mi sembrava chiaro. Ma guarda un po’. (csf)
da Alessandro Ceratti
Devo dire, che mi sono un po’ commosso, dopo aver letto il racconto diAnna Mantero. La mia proposta di soluzione la esprimo nella maniera più secca e senza argomentazioni a sostegno, perché le 500 battute a disposizione non basterebbero neppure per cominciare a fare un discorso decente. Creiamo nella società le condizioni tali per cui una donna che per i suoi più svariati motivi pensi di non potere tenere un figlio possa tranquillamente portare a termine la sua naturale gravidanza e poi semplicemente non riconoscere il figlio. Questo senza suscitare scandaloe alcuna forma di riprovazione. L’Italia è poi piena di coppie che sono disposte a praticamente tutto pur di avere un figlio. Il neonato potrebbe essere dato in adozione a loro. Prenderemmo tre piccioni con una fava: 1)nessun omicidio 2)la donna rimarrà comunque libera come prima 3)Molte coppie potranno evitare di sottoporsi a interventi medici invasivi per avere un figlio. Un solo aspetto negativo: la donna dovrà comunque per 9 mesi condurre una gravidanza. E’ un piccolo esproprio del suo corpo. Ma questo accadrà sempre, finché non arriveremo agli uteri artificiali.
da Stefano Santachiara(www.centomovimenti.com)
Innanzitutto complimenti per l’intervista, nella quale è riuscito a fotografare chiaramente, con ironia e domande ad hoc, il personaggio Bruno Vespa. Certo una grossa mano, nel ridicolizzarsi e nel presentarsi qual è, gliel’ha data il suo interlocutore. Pare che abbia anche questo in comune col premier di ciliegio. Chi è disabituato alle domande va in crisi alla minima osservazione non precofenzionata e servile, com’è avvenuto persino durante un ospitata a 8 e mezzo con Ferrara, Armeni e compagnia che se le cantavano e se le suonavano promozionando l’ultimo libro di Vespa. Dopo finte polemicucce da due soldi che han lasciato presto il campo al tema della puntata, il martirio del povero insetto (che ha motivato con un “mi odiano perchè sono l’unico moderato in video da tanti anni”, sic) odiato dall’Unità e dai radicali giustizialisti della sinistra forcaiola, è bastato il minimo dei minimi per mandarlo in tilt. Nei 2 minuti 2 concessi all’unico ospite non allineato Daniele Capezzone(se non altro per la storia dei radicali censurati da sempre nella superlottizzata Rai) ha chiesto perchè “Vespa lo si trova ovunque in tv a promuovere i suoi libri” e perchè “invita sempre Bertinotti che è l’oppositore ideale per Berlusconi”. Alla prima ha risposto isterico:”E perchè, Benigni al Tg1?”. Alla seconda c”ha pensato l’accucciata:”Capezzone, cos’è, invidioso?”
da Silvia Palombi
Elamadonna Puleo, il blog un’osteria? Avercene d’osterie cosi’! csf un maggiordomo? francamente non ce lo vedo. Te la sei proprio legata al dito st’intervista! Invece, consiglio da amica, leggila l’intervista perche’ e’ bella, come tutte le altre (violini), anche se la contemporaneita’ con l’uscita del libro ci rode un po’, e poi spingi csf col forcone, come fa Schiavone (e mi ci metto anch’io) a partecipare a Porta a Porta, a comunicarcelo per tempo cosi’ quella sera non prendiamo impegni, organizziamo gruppi di ascolto selezionati e facciamo il tifo per lui. Voglio vedere se non parla del blog piu’ ganzo d’Italia col vespone.
da Gianni Franchini
Caro CSF, leggo dall’ottima tesi di laurea sulla tecnica dell’intervista pubblicata sul tuo sito: “Più cose si sanno sull’interlocutore, più intelligenti sono le domande e si può spaziare su più argomenti. Inoltre si può tenere testa alle eventuali obiezioni e alle contro-argomentazioni di chi si ha di fronte, senza risultare disinformati o dover accettare passivamente le dichiarazioni”. Accettare passivamente le dichiarazioni? Ma che, siamo pazzi? Ma chi è questo laureato signor nessuno che si permette di descrivere così Bruno Vespa?
da www.corriere.it
PISA – Adriano Sofri, 63 anni, è stato operato nella notte all’ospedale Santa Chiara di Pisa per una emorragia all’esofago di cui però non si conoscono le cause. Dopo i controlli, Sofri è entrato in sala operatoria e vi è rimasto oltre tre ore. Al termine dell’intervento, «tecnicamente riuscito», i medici hanno registrato un lievissimo miglioramento nelle condizioni dell’ex leader di Lotta Continua, ma la prognosi resta riservata. Decisive saranno le prossime 48-72 ore, in cui c’è il rischio di ricadute dovuto al pericolo di infezioni. LA CRISI – A quanto si è appreso, Sofri stava dormendo nella sua cella al carcere Don Bosco quando ha accusato forti dolori allo stomaco. È stato immediatamente trasferito al Santa Chiara dove è stato operato. Gli sono vicini la compagna Randy, il figlio Nicola, l’ex moglie, amici e uomini politici locali, mentre l’altro figlio Luca è atteso all’ospedale nel tardo pomeriggio. Secondo il sindaco di Pisa, Paolo Fontanelli, Sofri «era già un po’ preoccupato: ho pranzato con lui il giorno prima , ma aveva mal di stomaco tanto che ha mangiato in bianco come si fa tutti quando si ha un po’ di gastrite». IN BIBLIOTECA – Fino a ieri sera Sofri stava bene e ha regolarmente lavorato alla biblioteca della Scuola Normale nell’ambito del suo incarico fuori dal carcere cominciato a giugno. Il suo compito è quello di studiare e catalogare le ultime acquisizioni della biblioteca e in particolare i fondi Garin e Timpanaro. Il suo lavoro si svolgeva ogni giorno dalle 9 alle 19 e la sera rientrava in carcere. Negli ultimi giorni Sofri non aveva manifestato alcun problema di salute.
da Anna Mantero dalla provincia di Trento
Un mese di ritardo. Mi sento strana, sempre stanca. Mi guardo allo specchio e scopro una nuova luce sul mio viso. Mi sa che ci sono rimasta. Test di gravidanza preso in farmacia: positivo. Test in ambulatorio: positivo. Ho 23 anni, faccio l’università e ho una relazione non ufficiale con un mio compagno di corso. Glielo dico. Non reagisce. Prendo subito appuntamento con il consultorio. Otto di mattina di una bella giornata estiva. Dentro dall’assistente sociale parlo dei miei dubbi e delle mie incertezze. Non so ancora cosa voglio fare. L’assistente mi consiglia comunque di prendere appuntamento in ospedale per l’operazione. Dice che passerà un mese dalla data dell’operazione e avrò quindi il tempo di pensare a quello che voglio fare perché posso tirarmi indietro anche se sono già sul lettino operatorio. Visita della ginecologa del consultorio: il feto è ok. Lei compila tutte le carte. Mi chiede se la decisione è stata presa di comune accordo con il mio compagno/marito. Penso al bastardo che mi ha messo incinta, che mi sta aspettando fuori dalla porta e che ogni tanto si vede ancora con la sua ex e dico no: la decisione l’ho presa io. SU DOCUMENTI
da Matteo Tassinari
Ho letto il commento di Barbara Melotti sul suo concetto di maternità. “Finché per far figli un utero femminile è indispensabile, NOI siamo quelle che decidono. Anche dell’etica” oh, è il babbo non esiste più? “Volete tornare a punirci? Fatelo”. Maddai, per tua e mia fortuna siamo in Italia non in Afghanistan o Ruanda. “Ma noi continueremo ad abortire, quando lo riteniamo necessario, come sempre abbiamo fatto”. Ok, ok, ok, ma calma Melotti, lei è libera di fare quello che le pare in materia, però più tranquilla, perchè non è quello che scrive che urtica (è una sua legittimissima opinione), ma è COME lo scrive. “E tutto il vostro moralismo è solo farisaico”, la prego, faccia i dovuti distinguo, perchè io non ho mai punito nessuno e non mi piacerebbe affatto farlo. “Ma non temere, presto saremo liberi, voi e noi (noi? voi? ma chi è tutta ‘sta gente, chiedo): a breve i figli si potranno fare davvero in provetta e daremo un taglio a tutta questa avvilente storia”. Ecco, questo è un finale che è molto più avvilente della storia raccontata da Barbara Melotti. Un consiglio in vera amicizia: cara Barbara stacchi la spina per un po’, poi prenda fiato e magari si beva un buon bicchiere d’acuqa. Starà meglio.
da Paolo Feltracco, Treviso
Anch’io rimanevo turbato quando vedevo donne vestite alla musulmana, e credo di aver capito che non è l’abito, per noi occidentali mortificante come quello delle suore cristiane, a insospettirmi, ma la forza delle ragioni che inducono le arabe a mantenere il loro abbigliamento anche nelle nostre città. D’altronde, rimango turbato anche dall’abbondante esposizione di cosce e seni sia in televisione che per strada, così come mi ripugna l’uniformarsi di gran parte delle donne a mode che solo 20 anni fa erano prerogativa di certe professioniste. Non si sentono forse più mortificate, queste donne, a dover rincorrere un’immagine di quotidiana sessualità a costo di palestra, estetista, parrucchiera, stressanti e costose spedizioni in boutique, senza raggiungere uno stato di realizzazione personale che non sia legato alla conquista dell’ultimo straccetto luccicante o al mezzo chilo di silicone che aumenterà il sex appeal per il resto dei loro giorni ?Mi delude quindi chi del suo turbamento vuole far legge, come se la libertà dei costumi non potesse essere applicabile a tutti indistintamente. Certo è che, se si imponesse il costume maschile di uscire succinti esibendo muscoli da pornodivo e pantaloncini aderenti che rivelino l’abbondanza del sesso, (costume da adottare ad oltranza anche dopo i 50 anni!), questi signori che si scandalizzano per la quantità di tessuto indossata da una donna rimpiangerebbero i loro completi di grisaglia. Io preferisco un futuro come in quelle città europee dove la stessa signora musulmana viene servita al banco da una ragazza bianca adornata da 30 piercings, mentre una coloratissima africana con turbante prende il caffè con una giapponese tatuata accompagnata dal marito rasta giamaicano. Quotidiana normalità.Un consiglio: se l’apparenza ci turba, approfondiamone la sostanza, perchè dietro c’è di sicuro qualcosa a noi sconosciuto che ci potrà interessare e, forse, anche piacere.E, riguardo alla “tolleranza”, credo che come cittadini e come esseri umani abbiamo visto e tollerato iniquità così gravi che questa parola dovrebbe essere eliminata dal vocabolario nazionale. Sostituiamola con “rispetto”. Meglio ancora con “amore”.
da Gianluca Freda
Quel che lei e Goldoni provate per le donne velate, Serpieri, non ha nulla a che fare col comune senso del pudore. Non è comune, per fortuna, e il pudore è un’altra cosa. Nessuna interpretazione dottrinaria degli artt. 527-529 cod. pen. attribuisce al comune senso del pudore il significato che intende lei, né potrebbe farlo senza violare il dettato costituzionale. La vostra si chiama semplicemente “xenofobia”, cioè, in senso etimologico, “paura della diversità”. Essa non solo non è tutelata da alcuna legge, ma è da considerarsi l’unico vero oltraggio al pudore possibile in una democrazia.