da Gianni Guasto, Bogliasco
Con bruschetta, panzanella, fattosh (Egitto), insalata di pane fritto, cappone in galera, l’impiego del pane secco segna la sterminata geografia mediterranea delle ingegnosità culinarie in tempi di vacche magre, per non parlare della persistenza dello stesso ingrediente in piatti sempre più elaborati: acquacotta, pappa col pomodoro, pancotto, ceci in zimino, ciuppin (zuppa di pane e pesci di scarso pregio, da pescarsi rigorosamente in proprio), e zuppe varie fino a Sua Maestà la ribollita. In previsione di lunghe traversate di mare, in qualche caso il pane fu secco addirittura all’origine: è il caso delle gallette marinare, immangiabili se non immerse preventivamente in acqua, che ai tempi di mio nonno poteva ancora essere di mare. Condito con olio, aceto, pomodori, olive e acciughe dissalate o mosciame o bottarga (in arabo: batarek), fu il cibo elettivo delle galere, ironicamente chiamato “cappone” (in galera); ma, tornato a terra e progressivamente arricchitosi di ingredienti, dalle verdure ai pesci più pregiati, su su fino all’aragosta e alle ostriche, e irrorato abbondantemente di salsa verde, il cappone in galera divenne “cappon magro” (cibo dei giorni di vigilia) senza dimenticare mai la propria origine povera, conservando la galletta inumidita in acqua e aceto come colonna portante.
da Pino Granata
Il termine Liberal, usatissimo negli Stati Uniti, descrive coloro che nel sistema americano stanno all’estrema sinistra. Difatti quando si voleva calunniare il povero Kerry, i conservatori gli davano del Liberal. In questo ruolo Berlusconi non ce lo vedo proprio: E l’avv. Arena stia attenta a quello che dice perchè il nostro presidente del consiglio potrebbe anche querelarla per quest’epiteto.
da Claudio Urbani, Roma
Cha la riforma della Giustizia scontenta tutti è opinabile: la maggioranza è contenta, l’opposizione no, ma questo sarebbe in ogni caso. Ma la più bella su questa riforma l’ha detta il ministro (si fa perdire) Castelli:” Riforma sentita e richiesta dai cittadini!” Quando mai… Ai cittadini importa solo una giustizia più rapida e che per una sentenza, soprattutto civile, non si aspetti anche 10 anni!
da Michele Lo Chirco, Cinisi
Signor Barracco, Lei si stupisce del silenzio sull’astensione: sarà perchè, guarda caso, hanno vinto due candidati dell’Unione, con voti inferiori di un terzo o della metà rispetto a quelli ottenuti da chi era stato eletto in quei collegi nel 2001? La morale è sempre quella: quando le cose vanno bene, meglio non parlarne. Abbasso l’astensione, evviva l’astensione.
Che un avvocato difenda il sistema giudiziale italiano posso anche capirlo. Mai sentito un avvocato protestare per la lentezza dei processi. E qui mi fermo perchè l’avv. Capè sa quello che io penso. Io purtroppo ho un’azienda e sono stufo marcio del funzionamento della Giustizia. I quattordici anni di durata di un processo è qualcosa che io sto ancora sperimentando, così come una denuncia penale da me fatta e scomparsa nel dimenticatoio, salvo vedermi arrivare dopo sette anni una lettera dal magistrato incaricato che mi avvertiva che la causa essendo passati i termini era andata in prescrizione . Egregio Avv. Capè io sarò contento solo quando i processi in Italia avranno la durata media di quelli degli altri Paesi europei e quando i magistrati risponderanno personalmente per i loro giudizi quando sbagliano. In quanto ai guadagni, visto che lei è così informato ci dica lei quanto guadagnano. Sulla corruzione poi, è meglio stendere un pietoso velo…
da Carla Bergamo
Mi ricollego a tutti i discorsi sul pane da non buttare via (i figli dei genitori post-guerra vivono tuttora nel trauma del peccato), sui concerti pro-Africa, 8 per mille, infine, decadenza economica dell’occidente che comincia non potendo più avere 20 paia di scarpe ma solo 10. Dato che in gioco non è semplicemente il pane, o le scarpe, ma il nostro futuro in generale (a parte guerre e attentati e incidenti nucleari), faccio mie le parole del “saudoso” Fabrizio de André, citato da Beppe Grillo, sulla globalizzazione: “Penso che la competizione economica est/ovest durerà ancora per molto, almeno fino a quando gli asiatici non si ribelleranno ai loro regimi autoritari e si organizzeranno in sindacati in difesa di una vita degna di essere vissuta dove vale la regola del «produrre per vivere» e non quella del «vivere per produrre»: quando riusciranno ad ottenere delle paghe equiparabili a quelle europee, il costo dei loro prodotti aumenterà e l’Occidente rialzerà la testa. Fino ad allora gli Occidentali devono convincersi che diventeranno più poveri e quelli che lo sono già, che sono abituati ad aiutarsi, saranno sicuramente privilegiati.”Ecco, io penso che il nocciolo del problema stia in questa semplice, logica frase. E chi sta pagando il conto, in tutto il mondo, è la classe media, quella che solidarizza, paga per assistere i Live Aid, si preoccupa per il Terzo Mondo ma ancora non si è resa conto che dovrà cominciare a preoccuparsi per se stessa (Massimo Gramellini sulla Stampa del 10 giugno parla di una iniziativa di una associazione di Quacqueri in Inghilterra, che ha chiesto a un gruppo di studenti di elencare i loro desideri per un mondo migliore – nessuno ha parlato delle necessità del loro paese). I ricchi finiscono sempre per essere in credito. I poveri ormai hanno fatto il callo al debito e qualcuno sta vedendo pure la lucina in fondo al tunnel (vedi Cina, India…). E noi nel mezzo? Ci aspettano tempi duri.
di Paolo Beretta
Ma chi l’ha detto che la riforma della giustizia scontenta tutti ? Al cavaliere ed all’ingegnere va benissimo, come anche a parecchi tangentari al riparo nelle aule del Parlamento. Quindi di buono non c’é proprio niente: gli unici ai quali va bene questa riforma sono quelli che dovrebbero stare sulla sedia degli imputati.
da Silvia Palombi
Inutile negarlo, siamo molto contenti e molto soddisfatti per il successo dell¹iniziativa contro la guerra organizzata da Emergency che abbiamo contribuito a promuovere all¹Auditorium di Roma.Il 23 giugno alla Sala Sinopoli, Gino Strada e Howard Zinn hanno tenuto desta l¹attenzione di oltre mille persone con interventi contro la guerra molto puntuali, lucidi ed estremamente semplici.Gino Strada non ha bisogno di presentazioni, Howard Zinn è il più importante storico americano; sua la prefazione a Green Parrots, l¹edizione inglese di Pappagalli verdi, il libro sulle mine giocattolo di Strada che Charta ha avuto il coraggio di realizzare per il mercato americano e che, come sapete, ha compiuto una tournée trionfale di oltre un mese e mezzo negli USA. Un risultato entusiasmante che conferma la validità dell¹iniziativa e ci sprona a proseguire sullo stesso percorso. Prendendo spunto dalla frase che Elbert Einstein pronunciò nel 1932 “la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”, Howard Zinn è stato molto chiaro sulla necessità che il mondo ha, se vuole sopravvivere, di far cessare tutte le guerre, di dichiararle tabù esattamente come il cannibalismo. È semplice, non ce le possiamo più permettere, le guerre. “Ci vuole tempo” ha detto. E noi continueremo a lavorare per la pace. Sempre. Perché la guerra giusta, l’unica guerra giusta, è quella contro la guerra.
da Pier Franco Schiavone, Milano
Le ultime foto pubblicate su Caterpillar a la plage, m’inducono a proporre quanto segue: evitare per il futuro riferimenti alla Francia; e che cavolo un pó di sano nazionalismo! Lo so che si giocava sul testo di una canzoncina, allora si trovino giochi di parole con battigia, spiaggia, sabbia, mare, balneazione vietata, rotonda, tamburello, ombrellone, catrame, casotto, paperetta, e spegni quel cazzo di motore! (propongo: Caterpillar spiaggetta, chi più ne ha più ne metta). Poi basta con le mete padane sempre e comunque. Per definizione il Sud è mare, il Nord è fabrichètta. Andare al Sud, possibilmente al mare di Termoli, le strutture turistiche per ricevere ci sono. Basta anche con Sondalo, a Campitello Matese! Cosa siamo noi sudici, i figli della gallina nera?
Andalo, non Sondalo. (csf)
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI (da Paola Bensi)
Suona un po’ bizzarro che un serio istituto come il Pew Research Center abbia speso tempo e denaro per certificare con tanto di percentuali che l’America sta sulle palle a tutti. Forse bastava fare qualche telefonata, o chiacchierare in treno, o in fila per un conto corrente alla posta, per scoprire che l’impero non è più simpatico, e anzi incute un mix di diffidenza e paura. Persino certi simil-colti signorotti italiani come Fedele Confalonieri, intervistato da Panorama, dicono oggi che la guerra all’Iraq, a cui erano favorevoli, oggi sembra un errore (ops! Errore: 100.000 morti, e senza nemmeno il decoder!). Persino certi senatori repubblicani americani dicono oggi che Bush ha perso la sua guerra. Restano, a difendere gli americani, certi alfieri della politica bushista, certi feticisti adoratori di Condoleezza e gente già a libro paga degli Usa. CONTINUA…