da Silvia Palombi
No che non dimentico Democrazia Proletaria, la votavo!!! E’ che celiavo tra vecchie sigle, nostalgia cronica di partiti e croniche depressioni…
da Rocco Ciolfi, Arce
Ieri sera su Italia 1 (“Giallo 1”, il nuovo programma della Pivetti) si è tornati a parlare dell’omicidio di Serena Mollicone di Arce. Ora, io sarò anche di parte visto che ci abito ad Arce e che più o meno conosco tutti i protagonisti di quella tragica vicenda, però una cosa la devo dire. La macelleria mediatica armata attorno a questo fatto tragico, da subito, è stata una cosa vergognosa. Pur di fare audience si è sparato ad alzo zero contro tutto e tutti, con una superficialità e un pressapochismo indegno. Nel tritacarne ci sono finiti tutti: la povera Serena, la famiglia, il paese intero, dipinto come una sorta di Medellin ciociara, con i soliti nani e ballerine a contorno. Rispetto: quello che è mancato in tutta questa triste vicenda è stato il rispetto.
da Mina Guido – Milano
Ho letto la sua intervista al sottosegretario Gianfranco Miccichè sull’ultimo numero di Corriere Magazine del 2/12/04, di cui come cittadine la ringrazio. Il personaggio intervistato è la più vera espressione del fare politica per il potere e solo per il potere.Nessun richiamo a un ideale – a un valore etico – a un impegno civile di pace – di giustizia – di libertà. Modello spregevole di mestierante della politica per accaparrarsi il potere e quindi negazione della politica come impegno di persona delegata dal popolo al servizio del bene comune. Propongo la sua intervista all’esame dei 1000 giovani volontari di Forza Italia solo come immagine della politica da rifiutare, invitandoli a ricercare nella storia civile del nostro paese ben altri modelli di virtù civiche..
da Vincenzo Rocchino, Genova
Direi che possano essere definiti meglio: militanti di sventura (visto come ha ridotto il nostro Paese in tre anni, il loro capo).
da Aldo Vincent (http://gelataldo.blog.tiscali.it)
Chiuso il capitolo ISOLA e GF, ecco stagliarsi all’orizzonte la nuova creatura del reality scio’: il ristorante dei litigiosi dove, ci fanno sapere, e’ attesa la partecipazione straordinaria di certo Miki Carfora, bravo e simpatico attore-ballerino, giovane marito di Barbara D’Urso.Si completera’ in questo modo il circolo vizioso della moglie di Montella (alla Fattoria) il genero di Dell’Utri (sempre Fattoria) della moglie d’Albano (che non e’ una localita’ turistica ma la debordante signora Lecciso), la sorella della Rocca, il toy-boy della Ventura, la fidanzata tettona di Gene Gnocchi che durante il reality cambia idea e sposa il figlio del cantante, della smutandata rappresentata dallo stesso agente della conduttrice e altri compagni di merende tra i quali spiccano per le loro capacita’ il marito della presidente della Camera, la gnagna del ministro, l’accompagnatrice del direttore generale, la mamma della contessina…E’ proprio vero: il reality scio’ rappresenta il meglio di questa repubblica delle bandane.
da Alessandro Ceratti
CSF ci sottopone l’articolo di Mattia Feltri sul giornale di tanto padre. E conclude con il suo giudizio molto severo. Ma non abbastanza dico io. Feltri una brava persona? Io non lo conosco personalmente ma (…) prima di dare giudizi positivi bisognerebbe andare cauti. E’ come considerare intelligente una persona perché in un paio di occasioni, parlandoci insieme, non abbiamo avuto modo di sentirle dire cazzate. Non basta! E’ come considerare colta una persona perché sappiamo che ha letto un paio di libri. Basta con questa benevolenza! Per essere intelligenti bisogna capire nessi nascosti, giocare con la matematica, ecc. Per essere colti di libri bisogna averne letti centinaia. E per essere brave persone bisogna non avere fatto o detto canagliate. (…)
Mattia Feltri su “Libero” (grazie a Lorenzo Barracco)
Romano Prodi vive col denaro un rapporto di olimpico distacco. Questa nobile virtù, si sa, è poco diffusa, tranne che fra i ricchi, categoria alla quale Prodi appartiene senza sensi di colpa. Anzi, il suo animo è talmente elevato da svettare ben oltre la vile quotidianità: gli occhi di Prodi guardano oltre, la sua intelligenza si proietta verso gli scenari del domani, lo spirito di puro servizio non gli concede il privilegio di perdersi nelle bassezze d’un conto corrente, d’una distinta bancaria. Per cui, se punta il dito contro la corruzione dei costumi e la tirannia del profitto, non resta che da abbassare il capo e ascoltare contriti. Ieri il leader del centrosinistra ha ritenuto fosse giunto il momento di tracciare il sentiero della moralità nel deserto etico d’Italia. È successo, infatti, che Berlusconi abbia assoldato mille ragazzi – le camicie azzurre – col compito di seguire i candidati alle prossime elezioni regionali, indirizzarli con il loro entusiasmo, imparare dalla loro esperienza. Poiché questi giovanotti possiedono uno stomaco e il desiderio di riempirlo una o persino due volte al giorno, Berlusconi ha pensato bene di retribuirli. Ah, quale meschinità! Poteva restare impunita un’abiezione simile? Giammai! La politica – ha tuonato Prodi – è il luogo degli ideali, degli slanci cristallini, non del portafoglio pieno. La circostanza che il suo sia stracolmo, non gli ha reso la voce meno ferma né lo sguardo meno fiammeggiante. I mille giovinastri, ha detto, «sono mercenari». E ha aggiunto con la durezza dei giusti: «Non possiamo arruolare mille mercenari, ma ad ogni mercenario dobbiamo far fronte con mille volontari… Non abbiamo bisogno di persone che si facciano pagare». E sul punto non si dubita: già si fa pagare lui, avanzassero la pretesa degli altri, gli toccherebbe di ridursi il salario.Prodi guadagna un milione di euro all’anno, equivalente di un miliardo e novecentotrentasei milioni di lire. La scorsa estate, si pose il problema di un suo rientro in Italia perché riprendesse in mano le sorti dell’Ulivo e dunque del Paese. Ci si può forse tirare indietro quando la patria chiama? Quando serve la dedizione dei migliori, l’energia degli eletti? Prodi rispose: «Obbedisco». E soltanto dopo, timidamente, quasi lacerato, osò: «Quanto sganciate?». Il Triciclo ha fatto due conti coi rimborsi elettorali, la quota per questo partito, la quota per quell’altro e tirate le somme ci si accordò per un milione di euro nel 2004, un milione nel 2005, e nel 2006 si vedrà. Ora capirete perché ieri Prodi abbia inciso nelle nostre coscienze la terribile sentenza: «Non abbiamo bisogno di gente che si faccia pagare». Eh no. Chi è tanto vile da lordare i più profondi convincimenti ideali con squallide ragioni di quattrini, altro non è che un «mercenario». Non parlava di sé. Lui non si occupa di soldi. Tanto è vero che se Berlusconi decide di abbassare le tasse, Prodi rabbrividisce. La trova una soluzione di intollerabile volgarità. Un’oscena e umiliante elemosina. Anche la carità, se va fatta, va fatta con una certa classe. Come la faceva Calisto Tanzi, il quale era gravato dai debiti, ma quando Prodi girava l’Italia in pullman per la campagna elettorale, la benzina era in conto alla Parmalat. «Noi non abbiamo bisogno di persone che si facciano pagare». Hanno bisogno di quelle che pagano. Ma, insomma, se mille ragazzi cercano di capire qualcosa di come va il mondo, e incassano da Berlusconi lo stipendiuccio, sono orridi mercenari. La politica è dedizione. È volontariato. Non è mercimonio. Chi oserebbe offrire servigio al popolo e al contempo pretendere la mensilità, a parte seicentotrenta deputati, trecentoquindici senatori, i governatori delle regioni, i presidenti delle province, i sindaci delle città, gli assessori regionali, provinciali e comunali, i consiglieri regionali, provinciali e comunali, i funzionari di partito, i ministri, i sottosegretari, i segretari, i portaborse eccetera eccetera? Chi arriverebbe a tanto? Ci vogliono i volontari, è stata la soluzione fulminante di Prodi. E tali devono essere, infatti, gli amministratori di certe società e aziende citati nell’edizione di ieri del Tempo, quotidiano di Roma. Alla pagina quattro, c’era l’elenco dei contributi volontari girati ai disinteressatissimi leader della nostra politica.Il segretario dei Ds, Piero Fassino, per conto del partito ha preso 100 mila euro da Capuana Srl, 100 mila dalla Coop edile Bastia, 100 mila dalla Ispeg, e così via, per un totale di 680 mila euro.Massimo D’Alema, presidente dei Ds, ha preso 25 mila euro da Air One, 25 mila dalla Isa Milano, 20 mila dalla Technital, e così via, per un totale di 110 mila euro.Pierluigi Bersani, Ds, ex ministro nei governi Prodi, D’Alema e Amato, ha preso 20 mila euro da Air One, 20 mila da Federacciai (Confindustria), 20 mila da Intercopnsult, 12 mila e 500 dalla Sea, e così via, per un totale di 117 mila euro.Paolo Costa, della Margherita, ha preso 100 mila euro dalla Oreste Fracasso, 25 mila dalla Fin.Ast, e così via, per un totale di 145 mila euro.Clemente Mastella, per conto dell’Udeur, ha preso 50 mila euro dalla Mec di Torino, 40 mila dalla Wanda Mandarini, 25 mila dalla Ied, 20 mila dalla Ssat, e così via, per un totale vicino ai 200 mila euro.Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil, ora sindaco di Bologna, si è accontentato di 13 mila euro dalla Manutencoop, e di 12 mila dalla Sea si è accontentato Enrico Letta della Margherita, allievo prediletto di Prodi.Naturalmente nella lista ci sono anche numerosi capi del centrodestra, e i più in vista: Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Marco Follini, Umberto Bossi. E forse loro investiranno i quattrini anche per mantenere l’esercito delle camicie azzurre. E così faranno delle nuove, spensierate e oneste leve italiane un’accozzaglia di avidi puzzoni, che da grandi non penseranno ad altro che a chiedere, chiedere, chiedere e prendere, prendere, prendere. A sinistra sono fatti di altra stoffa, intendono edificare l’Italia di domani, vogliono una classe dirigente altruista e appassionata, e dunque soltanto volontari, e ai volontari neanche una lira, che poi ci vengono su scostumati. E così evviva le Simone, le volontarie col cuore in mano. Ecco un esempio fulgido per gli adolescenti. Certo, un compenso ce l’hanno anche loro, non possono campare d’aria, ma quanto è più genuino impegnarsi in Iraq piuttosto che per Tremonti e Dell’Utri (il quale non è un sequestratore ma, secondo la procura di Palermo, un mafioso della peggiore specie)?Evviva Gino Strada, il medico dei reietti. Ha preso su e ha regalato la sua scienza e la sua vita agli ultimi del pianeta. Poi torna in Italia e denuncia con furia la guerra sporca americana, combattuta soltanto per il potere, per le multinazionali, per il petrolio. E sono petrolieri, i Moratti, tra i più munifici finanziatori della sua organizzazione, Emergency.Ma «noi non abbiamo bisogno di persone che si facciano pagare». Basta. Di questa politica del denaro, Prodi ha le tasche piene. Se gli state dietro, magari casca fuori uno spicciolo.
Mattia Feltri è un bravo giornalista e una persona perbene. Quando scriveva sul Foglio era godibilissimo. Poi ha deciso di andare a lavorare nel giornale del padre, Vittorio. E si è smarrito. Questo qui sopra è l’esempio dello smarrimento. La sua idea su Prodi e sui “mercenari” è legittimamente dalla parte opposta di quella di molti di noi. Ma, ripeto, è legittima ed esposta secondo logica. In alcuni passaggi l’articolo è perfino condivisibile. Ma poi leggete con attenzione il finale. Che c’entrano le due Simone, che c’entra Gino Strada? (csf)
da Gianni Guasto
Caro CSF, le invio questa foto per il blog. Anche se fosse un falso, è “vera”. O no? Falsa? Ma sta scherzando?(csf)
Piero Sansonetti – Sette – 4-07-2002
Voltagabbana e leccapiedi vanno per la maggiore. Dopo il libro di Pia Luisa Bianco, Elogio del voltagabbana, che l’anno scorso ravvivò il dibattito sull’abitudine di molti italiani di saltare il fosso per andare ad adulare un nuovo padrone, un altro libro appena uscito, Dal ’68 ai No-Global, di Piero Sansonetti, inviato dell’Unità, gli dedica un intero capitolo. «Voltagabbana ce ne sono tantissimi», spiega Sansonetti, da una vita nel «partito dei lavoratori», da una vita «nel giornale fondato da Gramsci». «Ma il dramma non è questo».
Pasquale Chessa – Sette – 12-09-2002
Una vita da vicedirettore. Di Alberto Statera, di Nini Briglia, di Andrea Monti, di Carlo Rossella. E soprattutto di cattivo carattere. All’Espresso, all’Europeo, a Epoca, a Panorama: ogni volta grandi polemiche, grandi litigi. Un destino da secondo? Una scelta? Pasquale Chessa, 55 anni, sardo di Alghero, fra qualche settimana insegnante di Storia del fascismo in Europa a Scienze Umanistiche alla Sapienza di Roma, uomo con il Dna a sinistra che lavora a Panorama, come se lo spiega? «È capitato. Mi sarebbe potuto capitare anche di fare il direttore. Ma sarebbe stato peggio. Non avrei potuto farlo bene come mi sarebbe piaciuto. Meglio fare il vice».
dall’avv. Lina Arena
I miei commenti sono il frutto delle mie curiosità culturali. Non ambisco ad occupare posti perchè ho un lavoro che amo e non cerco padroni. Capito, cari blogghisti di sinistra, figli di una pericolosa ideologia?