da Serafino Brighenti, Sesto San Giovanni
Vorrei far sapere ad Alessio Dani che effettivamente CSF ha eretto da qualche tempo una barriera che su cui si infrangono tutte le critiche che abbiano come oggetto Lina Arena. Impensabile quindi che sia lui stesso a metterla alla berlina per qualche segno di interpunzione o spazio usati in assoluta libertà. Anche un subcomandante ha diritto di avere qualche debole.
In ritardo ringrazio tutti coloro che sapendo, o indovinando, mi hanno mandato gli auguri per i miei sessant’anni. Come qualcuno avrà anche capito in queste ultime tre settimane ero fuori Italia, in giro per progetti e volontari che lavorano in Zambia. E’ stata un’esperienza molto bella di cui, a puntate, vi parlerò appena ne avrò tempo. Per adesso il lavoro è tanto. E in fondo non sono che un povero vecchietto.
Claudio Sabelli Fioretti
da Peter Freeman
Caro Csf, di solito evito di scrivere su questo sito a difesa di quanto faccio alla Rai: lo giudico un privilegio davvero eccessivo. Men che meno mi piace parlare o scrivere di Ballaro’. Tuttavia Franco Barone nella sua cortese risposta mi chiama nuovamente in causa. Lo ringrazio per il “bravo giornalista”, appellativo che mi inorgoglisce perche’ questo e’ il lavoro che, per passione, mi sono scelto nella vita. Sorvolo sul giudizio sul compenso. Pero’ la logica che Barone mi attribuisce (privato=profitto=USA=capitale=satana) e’ davvero un po’ troppo rozza persino per i mei rozzi gusti. E allora che faccio? Scompongo la logica, elemento per elemento.
1. In campo economico l’ iniziativa privata e’ certamente finalizzata al profitto. Non solo ma soprattutto. Nell’iniziativa privata gli uomini ripongono parte dei loro desideri di auto-realizzazione, e l’aspirazione ad un arricchimento che sara’ tanto piu’ legittimo quanto piu’ sara’ rispettoso di una serie di norme sia giuridiche che universalistiche. Ovviamente le norme mutano con l’evoluzione della societa’, e la societa’ evolve con la trasformazione delle sue forme economico-sociali. Ad esempio, il concetto di legittimita’ del profitto si e’ andato modificando (io penso in meglio) dalla meta’ del XIX secolo in poi grazie al sindacalismo (otto ore lavorative, divieto del lavoro minorile, abolizione della schiavitu’, ecc..). Questo ce lo spiegarono fior fiore di economisti liberali, da Adam Smith in poi. Nulla da ridire ne’ da eccepire.
2. Il profitto non ha bandiera, neppure quella americana, figuriamoci oggi, in tempo di internazionalizzazione dei mercati.
3. Il capitalismo e’ nato molto prima degli Stati Uniti d’America. Oggi gli Usa interpretano semmai un capitalismo molto aggressivo e rapace, e tuttavia questo non ne fa il simbolo del capitalismo stesso.
4. Del capitalismo non penso bene perche’ sono di scuola marxiana. Ma sono anche un ateo convinto. E poiche’ non credo in Dio non credo neppure in Satana. Per questo, quando sento pronunciare la parola “satana” in un contesto che ha a che fare con la politica o con l’ideologia o con l’economia o con la sessuologia, in genere rimango perplesso. Molto perplesso.
da Alessio Dani, Firenze
Noto, con piacere, che il servizio sputtanamento è terminato con l’ultimo post dell’avvenente Arena, che ha infilato nel testo mancate spaziature e punti in libertà.Oppure la provocatrice lobbista gode di immunità dattiloscritta?
da Mario Rossi – Milano
Alla Camera è in discussione un progetto di legge che finalmente considerala tortura un reato. Ma un emendamento presentato dalla Lega e appoggiatodalla Casa delle Libertà configura il reato solo se si verificano “violenzereiterate”. In soldoni significa che si può torturare un essere umano purchèsia per una volta sola. Alla seconda scatta il reato. Si potrebbe allargareil concetto ad altri reati: l’omicidio? Solo dal secondo morto, il primorientra nella franchigia. Lo stupro, la rapina, il rapimento? Solo dallaseconda donna, seconda banca, secondo sequestrato in poi. Pensiamo aibenefici effetti: molta meno gente arrestata, meno processi, meno detenutida mantenere. Il prossimo slogan della CDL? “Reati diminuiti del 95 percento”.
da Primo Casalini, Monza
Non ci si può chiamare fuori da Bruno Vespa. Come Dio, è dappertutto. Quasi ogni giorno sui giornali c’è una sua lettera, un trafiletto, una precisazione, una minaccia di querela. A volte la lettera è una vera e propria circolare: ho visto quella sui suoi compensi pubblicata tale e quale da diverse parti. Se a ciò si aggiunge che ci sono discussioni pro e contro, articoli di giornalisti verdi di invidia o rossi di rabbia, pubblicità dei suoi libercoloni, ormai si può dire che la foliazione dei giornali prevede ogni giorno uno spazio Vespa più grande dello spazio Necrologi. Ogni anno una piccola foresta viene trasformata in carta per ospitare le parole di Bruno Vespa. Poi ci sono i modellini, i plastici, le costruzioni scoperte (come al conclave di Viterbo) per vedere come l’assassino può essere passato dalla toilette allo sgabuzzino senza essere visto dalla cognata della vittima, e il raccordo fra il ponte sullo stretto e il mercato ortofrutta di Cefalù. Il produttore di Lego, dopo anni di crisi, intravede un futuro non più fatto di bambini svegli ma di anziani a bocca spalancata: kit ad personam vengono predisposti con le istruzioni di montaggio firmate da Taormina e da Crepet ed una benedizionaccia lesta lesta del cardinal Tonini. Non basta: c’è il risiko dei campi di battaglia, le sofisticate telecamere protuberanti, atte a riprendere prezzemoline alto-sgabellate, i tarocchi per le chiromanti, i mazzi di carte per andare in Iraq alla ricerca del sette di fiori o del fante di picche, visto che i marines non li hanno ancora trovati. Eppure. nelle lettere di Vespa ai giornali intravedo la sua sfiga segreta, il “come sono andato?” che colpisce dovunque, dalla balera al consiglio di amministrazione: dipendere dall’opinione altrui per alimentare la propria autostima.
da Alessio Sebastian
Ho appena assistito all’editoriale di Enrico Mentana sul voto degli eurodeputati sulla concentrazione dei mass-media e sul conflitto di interessi. Puntualmente Mentana si scaglia contro chi osa attaccare il suo editore. In questo caso direi che si è trattato del classico autogol: prendersela con chi ha votato un testo sulla scarsa indipendenza dei media dalla politica significa dare ragione a coloro contro cui ci si scaglia.Qualcuno sa perchè la puntata di oggi di “Blu notte” sugli intrecci tra mafia e politica è saltata? C’è forse la mano della censura?
da Franco Barone, Milano
Non mi riferivo solo al suo servizio, quando parlavo di teppismo, ma a Ballarò nel suo complesso, esempio di giornalismo basato su “teoremi”. Il suo servizio lo ritengo incomprensibile, a meno di non ricondurlo alla logica “privato=profitto=USA=capitale=satana”, che pensavo fosse robaccia se non di due, almeno di un secolo fa. A proposito di libri di scuola, aspetto una sua inchiesta o corsivo a proposito dei libri di scuola dei bambini palestinesi, pagati dall’Unione Europea (anche da lei e da me), che incitano al martirio e alla guerra santa contro Israele. Se ritiene posso fornirle i riferimenti. Infine credo che lei guadagni troppo poco, perchè è bravo come giornalista.
da Gianluca Freda
Per accusare Ballarò di teppismo informativo occorrerebbe specificare – e non è facile – quale esatta valenza acquisisca tale locuzione in un paese in cui il capo del governo si reca periodicamente in TV ad insultare magistratura, opposizione e sindacati a reti unificate. Ballarò è certamente fazioso, nel senso che, vivaddio, dà finalmente voce a quella fazione ampiamente maggioritaria di cittadini che hanno odiato la guerra in Iraq e i governi che l’hanno appoggiata. (…)