da Marco Travaglio (lettera a Paolo Mieli sul Corriere della Sera)
Caro Mieli, lei scrive giustamente che il diritto di replica è sacro, «previsto dalle più collaudate regole del fair play da tempo in uso nel mondo civile». E’ quel che dico anch’io: da nove mesi attendo che Giuliano Ferrara me lo conceda, pubblicando una mia lettera di risposta a una intervista del Foglio a un politico palermitano, il quale mi definiva «sicario» e «killer prezzolato» al soldo di misteriose entità siciliane. Un «mandato linguistico a uccidere» in piena regola, finora fortunatamente andato a vuoto. La mia lettera è stata debitamente censurata, e attende ancora di essere pubblicata. Anche perché sono curioso di sapere chi mi avrebbe prezzolato: non foss’altro che per poter finalmente ritirare la grana.
lettera dell’avv. Caterina Malavenda a Paolo Mieli (Corriere della Sera)
Qualche sera fa a «Otto e mezzo», il direttore del Giornale Maurizio Belpietro, intervistato da Barbara Palombelli e Giuliano Ferrara, si lamentava giustamente di aver subito una perquisizione, essendo indagato per violazione del «segreto istruttorio». Mi ha sorpreso, però, sentirlo sostenere che saremmo in presenza di una procedura inusuale, adottata solo in ragione dell’oggetto dell’inchiesta, l’affare Telekom Serbia, e di una certa ostilità della magistratura nei confronti del suo giornale. Questo non è vero. Da anni difendo i giornalisti e molte volte ho assistito ad accuratissime perquisizioni presso le loro abitazioni, oltre che nelle redazioni. Ho visto portar via centinaia di documenti (una volta il contenuto di un intero armadio), sigillare computer, sequestrare cellulari. Nel novembre del 1994 ho passato una notte intera al Comando dei Carabinieri di Via Moscova con i due giornalisti che – sul giornale allora diretto da lei, caro Mieli – avevano pubblicato la notizia dell’informazione di garanzia all’on. Berlusconi: la redazione del Corriere e le loro case vennero rivoltate come un calzino. Ancora nel marzo dello scorso anno Ferruccio de Bortoli, su questo giornale ha scritto una lettera aperta al Procuratore di Roma che aveva disposto perquisizioni nei confronti di giornalisti del Corriere e di Repubblica . In ciascuna delle occasioni che ho ricordato e in tutte le altre, non ho sentito altro, che le scontate difese degli organismi di categoria. Se vogliamo discutere della perquisizione come possibile strumento di limitazione della libertà di stampa, parliamone pure, ma senza far finta che non sia mai stato usato prima.
Questa la risposta di Paolo Mieli
——————————————————————————–Caro avvocato Malavenda, anche io – che ovviamente mi associo senza tentennamenti alla protesta contro la perquisizione al Giornale – sono stato sorpreso dal veder trattato l’argomento come se fosse la prima volta che è accaduto qualcosa del genere. Quel tipo di violenza nei confronti del lavoro giornalistico, i cui caratteri intimidatorii sono ben evidenti nell’«operazione» contro il quotidiano di Maurizio Belpietro, non è nuovo nel rapporto tra media e magistratura. Io stesso – per mia fortuna assistito da lei, cara Malavenda – ho avuto modo di assaggiare quel manicaretto, qualche anno fa. E preferisco non ricordarne il sapore. È altresì vero, come lei ricorda, che in quelle circostanze la solidarietà di categoria fu minore (assai minore) di quella tributata oggi a Belpietro e al giornalista Gian Marco Chiocci. Ma non me ne dolgo. Anzi, per quel che riguarda il Giornale , davvero mi compiaccio che i tempi siano evoluti in questo modo. Con una punta di invidia, però. Ho notato che tra le numerose attestazioni di vicinanza, Belpietro ne ha ricevuta una dal Bolscevico , foglio del minuscolo Partito comunista marxista italiano: pur non avendo «alcuna simpatia» verso il Giornale , «totalmente schierato con il governo del neoduce Berlusconi» – hanno scritto i superstiti del glorioso gruppuscolo che fu devoto a Mao – «condanniamo la perquisizione perché riteniamo che la lotta politica debba escludere la lupara giudiziaria e poliziesca». Ed è la prima volta, se non erro, che un sorprendente gesto di fair play viene addirittura dall’aldilà (o quasi). Di qui, il mio rodimento.
da Valendino Giuseppe Triuggio (MI)
E’ proprio vero che Ferrara non conosce la vergogna. (…) Chiariamo subito a scanso di equivoci:Le Monde in questo caso sbaglia,e in questa faccenda ha completamente ragione l’Elefantino,che però predica bene ma poi razzola male. Marco Travaglio che io considero (per quello che conta) un grande giornalista,tu scrivi,va dicendo in giro che il Foglio gli riserva lo stesso trattamento che Le Monde riserva a Ferrera. E’ vero è verissimo,ma questo non da adesso:da anni. Ho una buona memoria, non solo, conservo anche una lettera del 2001 scritta da Travaglio al Foglio – e mai pubblicata – in relazione alla recensione che il quotidiano diede sul libro di Gomez e Travaglio ” La Repubblica delle Banane”. Ferrara vuole giustizia, ripeto ha ragione. Ma anche altri la vogliono da lui. Anche qui valgono le leggi ad personam?
C’era Travaglio, c’era Davigo, c’era Spataro, c’era Bruti Liberati. E poi Roia, Castelli (Claudio, quello buono), Amadori. Era rappresentata tutta la magistratura d’Italia, dalla destra alla sinistra (Davigo ha detto: io non divido il mondo in destra e sinistra, lo diviso in colpevoli e innocenti). E’ impressionante come il comportamento di questo governo abbia compattato i giudici italiani. Eravamo a Varese, ospiti di Varesegirotondi a discutere della riforma dell’ordinamento giudiziario italiano portato avanti dal Polo. I prossimi mesi ci saranno molte di queste iniziative e ringrazio già da adesso chi vorrà informarmi. Fino al 22 novembre quando in un teatro di 3 mila posti di Roma (dalle parti di Ponte Milvio) ci sarà uno showdown finale. A Varese ci siamo informati, abbiamo approfondito e ci siamo divertiti. Ma mi fa piacere anche dirvi che uno dei protagonisti della serata è stata la nostra splendida maglietta, “Antropologicamente diverso“, realizzata dal nostro amato sponsor “Magazzini Salani”. Oggi o domani vi saremo istruzioni per ottenerla direttamente a casa. (csf)
dal Riformista (Rumours)
Meno male che doveva diventare un «nuovo inizio». Fatto sta che il forum di tutti i socialisti che si inaugurerà oggi parte già fallito. Insomma, chi aveva creduto che i vari figli della diaspora potessero trovare qualche convergenza, dovrà ricredersi. Infatti, per preparare l’evento «unitario» Enrico Boselli e Gianni De Michelis nei giorni scorsi hanno pensato bene di dividersi su tutto, dando vita a lungo battibecco a distanza. Tanto che le rispettive diplomazie hanno già concordato che oggi si terrà – se si terrà – una semplice operazione di facciata, che eviti ulteriori figuracce. Evidentemente la voce non è arrivata solo a noi, ma anche a «Socialismo è libertà», l’associazione di Formica, Martelli e Larizza, che pure dovevano partecipare al forum. Ecco invece cosa hanno scritto a Boselli e De Michelis: «Le vostre recenti posizioni polemiche e di reciproca ostilità ci consigliano di non partecipare ad una riunione che rischia di concludersi con altre lacerazioni. Vogliamo preservare ciò che resta di una forte tendenza unitaria tra i socialisti e vi proponiamo di sospendere per tutto il mese di novembre ogni trattativa in corso che escluda una lista autonoma e unitaria dei socialisti italiani collocata nel Pse».
da Massimo Sileoni
Leggo su Sette l’intervista di Cisnetto e penso che veramente noi italiani siamo un popolo di navigatori. Fiutiamo il vento come pochi e quando questo cambia direzione le vele sono già pronte. Me lo ricordo il Cisnetto di 3 anni fa tutte le sere a Zapping con lo spinnaker gonfio dal Berlusconale di allora a ricordarci le mirabilie che ci attendevano in campo economico. Oggi, con tre anni di ritardo si trasforma in oracolo e dice che è tutto da rifare. Più che “voltagabbana” li chiamerei “maestridella virata dolce”.
da Mara Muscetta
Il giorno in cui a Marco Travaglio verrà affidata una rubrica televisiva : Osservatorio della legalità e della libertà veridica di informazione in Italia ” , il paese comincerà a ragionare non sugli spot ma sui fatti.
UNA ROSA E’ UNA ROSA E’ UNA ROSA, PURTROPPO. Di cognome fa Giannetta ed è consigliere di amministrazione della fondazione Piccolo Teatro, nominata dalla Provincia di Milano. Richiesta della sua opinione sulla storia dell’ “Anonimo bicefalo” lo spettacolo di Dario Fo e di Franca Rame che infiamma le polemiche culturali di questi giorni (è censura? non è censura?) dopo che Sergio Escobar ha denunciato sul Corriere della Sera “pressioni e attacchi” per toglierlo dal cartellone, ha detto le seguenti cose: “A teatro si deve fare creatività e non politica”, “Non c’entra se la satira sia contro Berlusconi o D’Alema. Io mi batterò perché questi spettacoli non passino”, “Perché usare il teatro per insultare i politici?”, “E’ giunta l’ora di dire basta”. E poi c’è chi si meraviglia dell’egemonia culturale della sinistra.
GLI ITALIANI A BOLZANO SONO EXTRACOMUNITARI. E infatti non possono votare alle amministrative se non hanno la residenza da almeno quattro anni. An ha dichiarato guerra e la Svp ha detto che ricorrerà a Vienna per difendere gli interessi dell’autonomia alto atesina. Lo sapevo che prima o poi mi toccava stare dalla parte dei postfascisti.
E’ PROPRIO UN CAPEZZONE. Il segretario dei radicali ha detto che vuole esprimere a Belpietro e a Gian Marco Chiocci la sua solidarietà e la sua vicinanza. Bravo. L’ho fatto anche io (e a molti dei lobbisti il fatto non è piaciuto, pazienza). Ho letto di Capezzone in un notiziario Ansa. Per curiosità sono andato nell’archivio Ansa e ho fatto una ricerca. Aveva mai Capezzone espresso solidarietà ad altri giornalisti? Aveva mai protestato per altre perquisizioni? Mai. Almeno così risulta cercando nell’archivio dell’Ansa.
GIULIANO FERRARA NON E’ PIU’ GARANTISTA. Tutti aspettavamo con ansia questo momento. Ha scritto: “Sappiamo di avere difeso in termini di garantismo giuridico e di lotta civile anche tanti piccoli e meno piccoli banditi, gente che non c’entrava niente con il primato della politica e con la difesa delle libertà (?) Se qualcuno fosse interessato, per qualsiasi ragione, a una replica benevola di questo atteggiamento, si disilluda (?) L’amicizia politica con i banditi è cosa del passato”. E’ così: ai vecchi banditi è andata bene, hanno avuto Giulianone dalla loro. I nuovi banditi debbono fare tutto da soli.
NON CONTENTO, GIULIANO FERRARA VUOLE GIUSTIZIA. Ed ha ragione. Le Monde lo ha attaccato, con l’articolo di Tabucchi. Deontologia professionale vorrebbe che ospitasse la replica del vituperato. Invece Le Monde nicchia, fa lo svizzero, anzi fa il francese. Vergogna Le Monde. Ferrara ha tutti i diritti di questo mondo di difendersi sullo stesso giornale che lo ha attaccato. E questi diritti li avrebbe anche Travaglio. Che c’entra Travaglio? C’entra. Perché Travaglio va dicendo in giro che è successa a lui la stessa cosa. No, non con le Monde. Con il Foglio.
(csf)
da Paolo Beretta
Pessima abitudine quella di correlare il possesso di un’anima con i diritti. Al tempo dei Conquistadores ha ammazzato circa 19 milioni di indios sudamericani, senza possibilità di redenzione (erano pagani, non avevano anima cristiana e quindi non era peccato eliminarli). Personalmente, ho quattro gatti in casa, me li godo allegramente e mi capita spesso di paragonare il loro comportamento con quello di tante persone. Se avere un’anima significa essere senza malizia, gli animali ce l’hanno e gli uomini no. Se avere un’anima significa essere uomo, preferisco gli animali. Se i diritti spettano ai più deboli, gli animali sono in prima fila. Con Alessandro condivido una sostanziale identità di vedute su molti argomenti, ma su questo no. Ogni tanto dissentire va anche bene…
da Giorgio Trono
A rendere possibile la violazione del segreto istruttorio sono in due: colui che lavora nell’ambito della giustizia (dal magistrato in giù) e il giornalista. Ma appare evidente che le colpe maggiori le ha il primo dei due soggetti. Il giornalista è, infatti, per sua natura portato a pubblicare la notizia secretata, altrimenti farebbe un altro mestiere. (…) L’inghippo è all’interno della Procura o di un Tribunale, non certo nella redazione di un giornale.