da Alessandro Ceratti
L’ultima intervista di CSF a Macaluso è stata per certi versi illuminante. Ci ha ricordato che 30-40 anni fa essere divorziati o, peggio, convivere con qualcuno era considerato una cosa che ledeva la rispettabilità di una persona. Il vecchio PCI prendeva in seria considerazione la non opportunità di mantenere tra i propri quadri chi, come Macaluso, aveva questo tipo di rapporti. Ora, grazie al cielo, le cose sono cambiate e nessuna persona normale si sognerebbe più di stigmatizzare simili comportamenti. (…) Commettere furti o corruzioni, purchè nei modi dovuti, sta entrando nel costume e diventando cosa accettata. Tra qualche anno non rimproveveremo più una persona di cui sappiamo che ha preso tangenti o si è impossessato di denaro pubblico, non più di quanto ora non lo facciamo quando veniamo a sapere che è al quarto matrimonio o ha mollato la moglie per mettersi con una donna di 30 anni più giovane. Siamo vivendo una nuova fase di liberazione dell’individuo e ci ostiniamo a ostacolarla. Che sciocchi!
da Primo Casalini, Monza
Ho una mia idea, del cerchiobottismo. E’ un punto di vista naturalmente parziale, come tutti, specie i punti di vista “imparziali”. Cerchiobottista è colui che, se vuol dire qualcosa di sgradevole per il centrosinistra, la dice e basta. Se vuol dire qualcosa di sgradevole per il centrodestra, la dice, ma si sente in dovere (verso la sua coscienza, ovviamente…) di aggiungere qualcosa di sgradevole per il centrosinistra. Per fortuna, ci sono anche giornalisti che non seguono queste fisime, ed esprimono chiaramente la loro opinione, qualunque essa sia, senza sovrapporre furbesche armature. De Bortoli era uno di questi, anche se il ruolo di direttore del Corrierone richiede difficili equilibrismi. E Folli? Lo leggo da tempo, e sono abbastanza prevenuto, anche perchè non si può avere il premier contento e la botte senza cerchi, ma chissà…La vita è piena di sorprese! Il punto non è la nomina di Folli, ma le dimissioni di De Bortoli.
se siete a Milano:martedì 3 giugno alle ore 20.30 al teatro Smeraldo di Milano in piazza XXV apriledibattito con Alessandro Amadori, Massimo Cacciari, Sergio Cofferati, Umberto Eco, Piero Fassino, Francesco Rutelli, Michele Salvati, Riccardo Sarfatti;coordina Sandra Bonsanti
se non siete a Milano:Telelombardia (e altre emittenti collegate di tutto il Nord Italia) trasmetteranno il dibattito in diretta, mentre nelle restanti regioni l’incontro sarà trasmesso in differita entro il 9 giugno: seguirà comunicazioneElenco delle emittenti:Lombardia: Telelombardia (diretta)Piemonte e Valle d’Aosta: Rete 7 (diretta)Liguria: Telecittà (diretta)Veneto: R.T.R. (diretta)Emilia Romagna: È TV (diretta)Toscana: Teleregione (differita)Marche: TV Centro Marche (differita)Lazio: TVR Voxson (differita)Campania: Canale 8 (differita)Abruzzo e Molise: TV Q (differita)Calabria: Rtc Calabria (differita)Sicilia: TeleEtna (differita)
da Salvatore Argiolas, Cagliari
Il vecchio illusionista intravede il viale del tramonto. Non gli riescono più i trucchi che stupivano il pubblico. Ogni giorno che passa, aumenta il suo nervosismo e la sua paura di essere arrivato al capolinea. Ha ancora la capacità di far passare i fiaschi per successi (com’è successo per le ultime elezioni), ma ormai tutti si stanno accorgendo che il re è nudo. Anche il suo più entusiasta fan, il governatore della Banca d’Italia lo critica, e lui non trova di meglio che tentare di insegnargli il mestiere, dicendo che la ripresa ci sarà ( non specificando in quale secolo). Perfino i suoi compari di recita rumoreggiano pretendendo ruoli nuovi e lui si dice felice di questo tentativo di ammutinamento. Certo ha ancora il potere di cacciare un direttore scomodo, ma questo è un segnale di debolezza non certo di nervi distesi. Il pifferaio si è girato e dietro non ha più nessuno. Come uno sfiatato tenore, i suoi do di petto sono sempre più rari e accusa i critici di essere prevenuti e naturalmente comunisti. L’antico mattatore si è ridotto al frusto tema del comunismo perché nessuno dei suoi proclami elettorali si è tramutato in realtà. Quando sale sul palcoscenico pensa con terrore a quanti sipari si vedrà ancora scendere davanti.
da Giorgio Trono
Ti prego Claudio, dimmi che non sei tra i 104 giornalisti che hanno votato per la giornata di sciopero. Dimmi che non sei tra coloro che hanno richiamato quel medievale patto del 1973. Il mio Corriere non è quello dei Fiengo, degli Ottone, delle Crespi, dei giornalisti con l’eskimo. La sua storia ed il suo prestigio grazie al cielo appartengono ad altri. Per fortuna ce lo ricordano oggi sia Ostellino che Bettiza, sulla scia dei quali, immagino, si pongono tutte le grandi firme del Corriere.
Davvero signor Trono, non la seguo. Innanzitutto perché l’art. 18 impone al datore di lavoro di riassumere la persona licenziata ingiustamente, e non a quest’ultima di farsi riassumere se non lo vuole. In secondo luogo perché non vedo nessun nesso tra la nuova veloce assunzione del suo amico in una nuova impresa e la questione referendaria. Il suo amico sarà stato assunto in fretta perché è bravo e fa una cosa molto ricercata, non perché il nuovo padrone conserva tuttora la facoltà di licenziarlo su due piedi. Provi un po’ lei a chiederglielo. Proprio perché le piccole imprese in Puglia, ma anche nel resto d’Italia, sono così numerose il mio ragionamento vale. Perché diversamente i licenziati dovrebbero essere tantissimi, migliaia, decine di migliaia. E invece lei viene a raccontarmi di 1 suo amico.
da Gianluca Freda
Al solito, la difesa d’ufficio del governo ad opera di Giorgio Trono sembra leggermente scollegata dalla realtà. Nessuno, nemmeno “Il Manifesto”, si è mai sognato di buttare nel cesso la serietà professionale di Folli. Semmai si sottolinea il piccolo neo della sua attività di corsivista a “Porta a porta”, ma niente di grave. Il problema è appunto, come Trono stesso ricorda, che c’è un regime che avanza. Non è Folli il problema ma le pressioni, le intimidazioni, le irrisioni a qualsiasi giornalista che nel fare il proprio mestiere si rifiuti di seguire il governo oltre il limite della decenza. De Bortoli si è rifiutato e gli hanno reso la vita impossibile. Quanto potrà resistere Folli?
di Alessandro Robecchi (per Il Manifesto)
Per essere un rebus somiglia parecchio a un paradosso. Dunque riassumiamo: secondo l’Istat gli italiani sono sfiduciati. Quindi non spendono. E se non spendono si fermano i consumi, e l’industria non tira. Quale industria? La stessa che ha voluto «più flessibili» i lavoratori, pagandoli con 8-9 mensilità invece di 13. Dunque li ha impoveriti, e ora li accusa di non spendere. Per la prima volta i poveri – per il solo fatto di essere poveri – fanno un dispetto ai ricchi. Dunque, ci ammoniscono gli economisti liberisti, questo è male per tutti, e per i poveri è male due volte (l’unico caso in cui hanno un bonus).
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Dunque secondo Casalini, Folli deve dimostrare a quelli dell’Unità di aver avuto torto a titolare “Si sono presi anche il Corriere”. Dunque il passato da giornalista serio ed indipendente di Folli è da gettare nel cesso. Dunque secondo Casalini ciò che è successo è grave. Dunque per Casalini non conta che De Bortoli sia stato il più longevo direttore nella storia recente del Corriere. Dunque in passato non sono mai accaduti avvicendamenti del genere. Che idiota, dimenticavo che c’è di mezzo Berlusconi ed un regime che avanza!