da Avv. Lina Arena
Al tempo di Pinochet, la sinistra ha tanto sbraitato sulle strade e le piazze da ottenere l’arresto del vecchio governatore del Cile. Ramon Mantovani è riuscito a liberare Ocalan riportandolo in Italia al tempo del governo D’Alema per poi riconsegnarlo ai turchi. Adesso abbiamo in italia l’emissario di Saddam e si chiama Tarek Aziz. Perchè non lo fate arrestare come Pinochet? Sarebbe una mossa intelligente e tempista. I giudici rossi non vi mancano, disposti a mettere in atto una mossa del genere.
da Mirko Morini
1 – Mi permetto di registrare una classificazione ormai molto in uso nelle moderne democrazie occidentali sui fatti internazionali. Esistono le cose giuste, le cose sbagliate e le cose fatte dagli americani. Ci sono però obiezioni a questa mia divisione, alcuni propongono di incorporare le cose fatte dagli americani nelle cose sbagliate. Secondo loro l’errore che si commette è trascurabile.
2 – Mi permetto di registrare una classificazione ormai molto in uso nella moderna democrazia occidentale che è l’Italia sui fatti interni. Esistono le cose giuste, le cose sbagliate e le cose fatte dal governo Berlusconi. Ci sono però obiezioni a questa mia divisione, alcuni propongono di incorporare le cose fatte dal governo Berlusconi nelle cose sbagliate. Secondo loro l’errore che si commette è trascurabile.
da Alessandro Ceratti
Avete letto l’intevista a Tarek Aziz di oggi sul Corriere? Non so voi, ma io sono un po’ stufo di essere d’accordo, di trovare ragionevole e sensata la posizione di uno stato guidato da un dittatore sanguinario e nel contempo di dover considerare assurde, pretestuose, inconsistenti le ragioni di uno stato che è nostro alleato e un faro della democrazia. Sapete, io sono abituato a stare dalla parte di quelli che hanno ragione, non mi piace avere torto. Piuttosto -pensate!!- cambio idea.
da Paolo Beretta
Parlando di vespe (no, non di Vespa), la crisi America-Medioriente mi fa venire in mente un bambino (gli USA) che si diverte a prendere a bastonate un vespaio, un colpetto oggi (stato d’Israele), uno domani (crisi Iran-Iraq, Afghanistan) e le vespe cominciano ad agitarsi (Hamas, Jihad Islamica e, di recente, Al-Qaeda). Ad un certo punto, pero’, le vespe anche nel loro piccolo s’incazzano e gonfiano il bambino (Twin Towers e precedenti). La morale della storia ? Per il bambino, dare fuoco al vespaio.Si usa anche da noi, e’ vero (a me e’ successo). Pero’ si usa anche, contestualmente, insegnare al bambino che, se continua a bastonare i vespai, e’ normale che ci si punga. E non mi sentirei un traditore per questo.
da Guglielmo Venturi.
Da Kapuscinsky, Lapidarium (1995):” Spesso in politica vince chi è veramente deciso a vincere a qualunque costo, senza scrupoli etici, senza pietà. In politica occorrono decisione, grinta, aggressività. La gente avverte d’istinto, riconosce al volo coloro che vogliono fortemente il potere. Soggiace all’ipnosi, studia i lottatori e vota per quello che ha combattuto con più energia, con maggiore volontà di farcela. Gli uomini vogliono arrendersi al più forte, e così sentirsi più forti anch’essi.”
da Hans Jòrg Schàfauer
Ieri ho visto da Sofri e Ferrara Reinhold Messner e mi ha fatto davvero piacere sentire le sue argomentazioni contro questa guerra.Sosteniamolo perchè Reinhold Messner mi sembra una persona genuina che ha gli argomenti veri per convincere chi ha ancora dubbi circa l’ idiozia di questa guerra. Poi da non sottovalutare ha zittito Ferrara anzi l’ha lasciato senza parole che non mi pare poco.
da Alessandro Di Marco
Il signor Vauro, questa mattina, su La 7, reiterava l’obiezione che i gas chimici sono stati venduti a Saddam dagli Stati Uniti. Per gli assassini commessi dalla banda della Uno bianca – poliziotti-, si è mai sognato nessuno di dire che le armi erano state fornite dallo Stato Italiano, a cui le aveva vendute la Beretta?Quando prendiamo ad esempio le scelte pacifiste della Francia, lo facciamo considerando che lì vivono cinque milioni di musulmani molto “attenti” alle scelte politiche internazionali del paese che li ospita?Quando prendiamo a modello la posizione della Russia, ci ricordiamo come essa usa risolvere le proprie questioni cecene e come non esiti a “gassare” civili inermi dicendo poi: “chiediamo scusa, ma nessuno può mettere in ginoccho la Russia”?
Una vespa ci punge il sedere. Invece di schiacciarla con una scarpa le tiriamo contro una bomba e, in effetti, la uccidiamo. Senonché l’onda d’urto ha scosso tutto il vespaio e ora ci troviamo con migliaia di vespe impazzite che ci ronzano attorno
Furio Colombo non è solo il direttore dell’Unità. Anche il trimestrale Nuovi Argomenti, fondato nel 1953 da Carocci e Moravia, lo vede far parte della direzione, assieme a Colasanti, La Capria, Dacia Maraini ed Enzo Siciliano. Nulla di strano, salvo la casa editrice: Mondadori, proprietà di Silvio Berlusconi.
Posso anche capire che gli ebrei si sentano a disagio ad essere chiamati “razza”, visto quello che e’ successo in passato. Mi manca pero’, a questo punto, un termine da poter usare per definirli. Chiamare una persona di colore “negro” viene visto da molti, magari anche a ragione, come un termine insultante, tanto da aver coniato l’aggettivo “di colore” per indicare una persona di pelle scura. Se pero’ andiamo avanti su questa strada, rischiamo di vedere esaurito il vocabolario in fretta: gia’ c’e’ chi si offende se lo chiami “meridionale” o “padano”. Se una parola viene sporcata dalla Storia potremmo anche provare a ripulirla, prima di restare senza.
Detto questo, pero’, mi sembra che gli ebrei abbiano i nervi piu’ scoperti del dovuto. Mi lascia alquanto perplesso che, quando si parla di africani, cinesi o balcanici, si parla di “razzismo”, nel caso degli ebrei di “antisemitismo”, nel caso della sola Israele di “antisionismo”. Niente di grave, per carita’, ma questa tendenza mi sembra indicare una ricerca di “unicita’” della loro situazione.
Io non mi ritengo ne’ razzista, ne’ antisemita, forse un pochino antisionista (specie se Sion la edifichi sulle ossa dei bambini). Se mi capita a tiro un poveretto, cinese o africano o altro, non perdo l’occasione per chiedergli di parlarmi di lui, dei suoi costumi, di casa sua, perche’ sono curioso. Io, le differenze le cerco e le apprezzo, sicuramente non le subisco, di conseguenza un “africano”, per me, e’ un’occasione in piu’ di crescere.
Senza ovviamente generalizzare (ci mancherebbe), a volte ho l’impressione che l’unica differenza tra un razzista ed uno che si infastidisce a sentir parlare di razza sia che il secondo, almeno, ha sufficienti principi morali per ricacciare indietro la sua paura del diverso.