da Lucio Volino Napoli
Abbiamo ricevuto una lezione di stile e di eleganza dal nostro Presidente del Consiglio.Giustamente si è recato al funerale di un certo Giovanni Agnelli con una vettura non del gruppo FIAT ma del gruppo concorrente Volkswagen.Grazie Signor Presidente per la preziosa indicazione che ha dato a noi poveri mortali! Tu con questo gesto hai fatto capire a tutti noi, che lo stile in Italia è definitivamente andato a puttana.
da Luigi Lunari (3)
Ergo: pace all’anima sua, certamente. Ma senza dimenticare, per esempio, che ha (abbastanza visibilmente) anteposto gli affari alla famiglia, che si faceva curare a New York e non in Italia, che – a quanto si dice – valutasse le persone unicamente sulla base del loro potere e potenziale economico: tratti – questi – che non me l’hanno mai reso particolarmente simpatico.
da Luigi Lunari (2)
Se – poi – Agnelli era così potente da essere quasi un Mister Italia, addebitiamogli anche l’assurda priorità che il nostro Paese ha dato all’auto: fino a ridurlo a una sorta di girone infernale dove i “marcia-piedi” sono diventati del “parcheggia-macchine”, l’aria è inquinata, l’automobile è un “must” che disabitua al sano esercizio del camminare, le autostrade un binario obbligato che distoglie anche l’ospite straniero dal godimento di quelle bellezze naturali (vedi Liguria), che sono tra le vere ricchezze d’Italia.Era un “signore”, questo sì: una frase come quella che ho sentito dire a Berlusconi (“Io per quella cosa ho sganciato venti miliardi”) lui non l’avrebbe mai detta nè pensata. Era nato pieno di soldi, ed era cresciuto davvero “superiore” al danaro (salvo, forse, che non fosse espresso nell’ordine in miliardi o delle migliaia di miliardi). Era davvero quel che oggi ci può essere di più vicino a un “re”: ma non un re moderno senza poteri: uno di quei re onnipotenti che si usavano una volta e che sono tutti finiti male. Lui è finito bene, ma il regno che ha lasciato è molto mal messo.
da Luigi Lunari
Caro Claudio, un vecchio adagio popolare dice che “uno quando nasce è sempre bello, quando si sposa è sempre ricco, quando muore è sempre buono e bravo”.Muore Gianni Agnelli e – dunque – è buono e bravo. Ma a stare ai fatti ha preso in mano la Fiat quando questo era al vertice della sua storia e la lascia che è un catorcio. Vi saranno pure delle attenuanti (congiuntura, situazione internazionale, etc) ma i fatti sono questi: ed ecco perchè – sparito lui (pardon: Lui!) – le azioni Fiat per un po’ risalgono, anche se poi tornano scendere nel ricordo che in fondo di “junk bond” si tratta.
da Miti Vigliero
Mi è piaciuto il titolo di Libero: “Il signore degli Agnelli. Fine.”
da Susanna Pozzoni
Con tutto il rispetto la vicenda è stata sovraesposta.Ho saltato buona parte degli articoli, perché quando si muore, in Italia, si diventa:a) santi;b) invariabilmente buoni cristiani;c) persone di estremo valore, indipendentemente da chi si è stati;E’ uno sport italico…Concludo con Simona Ventura che a Quelli che il calcio” ha detto che in questi giorni è difficile andare in onda….
da Manuela Fuin
Decisamente il titolo del corriere era il migliore. Bellissimo l’articolo di Riotta. Ma ho preso l’unità e ho letto volentieri la cosa di colombo.un bel ricordo.
da Giovanna Giugni
Il titolo che preferisco è senz’altro quello del Corriere: mi piace che ogni tanto un aggettivo possessivo accomuni l’intero paese. Ciò detto il proliferare di articoli ” dinastici” e lodi sperticate mi ha indispettito. La morte è sempre un tragico avvenimento, ma quella di un ottantenne malato, agiato e ,spesso, coccolato dal destino non merita, a mio avviso, tutta la retorica profusa in questi giorni. La verità sulla morte di Agnelli l’hanno espressa le azioni Fiat: risalite velocemente (anche se poi ridiscese) sono state l’ennesima manifestazione del cinismo della borsa.
da Gianni Degli Antoni
Aggiungi: nella tua pagina corrente lo spazio dedicato ad Agnelli e’: 100%
da Ivo Roman
Come sempre il Corriere della Sera si dimostra il miglior giornale italiano: più per il titolo, in verità, che per l’eccessivo spazio dato al pur importante evento. Bene, come sempre in fatto di titoli di prima pagina, il Manifesto. Stavolta toppa L’Unità (della quale sono pure collaboratore): è vero, Agnelli lascia una piccola Italia, ma purtroppo se fosse morto due o tre anni fa non è che ne avrebbe lasciata una tanto migliore.