Questo sabato dalle due marce ha portato una ventata di chiarezza e di coraggio. Basta leggere, per esempio, l’editoriale di Paolo Guzzanti, vicedirettore del Giornale e parlamentare del Polo. Tutti noi, pieni di pregiudizi, pensavamo che il papà di Corrado e di Sabina fosse un acritico seguace del Cavaliere, pronto sempre a farsi tappetino e a lodare qualsiasi iniziativa del leader di Forza Italia. Invece, in questa occasione, si è dimostrato autonomo e responsabile, attento a difendere la verità, e ha smentito nei fatti chi lo accusa di essere uno scherano dell’uomo di Arcore. E così, magari esagerando, glie ne ha dette, a Berlusconi, di cotte e di crude. Ha cominciato in sordina, severo ma giusto: “La decisione di fare dell’11 settembre una data mondiale delle vittime del terrorismo e del fanatismo, avanzata da Berlusconi, è piaciuta enormemente e devo dire che l’intero discorso del nostro presidente del Consiglio era perfetto per autorevolezza e serenità”. Ah, vivaddio, ci voleva proprio qualcuno che anche da destra facesse pelo e contropelo al leader dell’Italia del falso in bilancio. Ma voi potreste credere a questo punto che Paolo Guzzanti si sia fermato, magari impaurito dalle possibili reazioni di Berlusconi il quale, nel discorso delle stelle e strisce aveva detto, chiaramente alludendo a Guzzanti: “Diciamo alto e forte: basta con le ambiguità, basta con i distinguo, basta con la faziosità, basta con la partigianeria, qualunque essa sia”. No! Paolo non si è fatto intimorire e ha continuato: “Berlusconi è apparso forte e calmo come un grande presidente, un grande statista che guida il Paese che gli ha affidato con il voto il suo ruolo, in una situazione difficile, inattesa, brutta”. Beh, quanno ce vo’ ce vo’. Io non so se dietro questo brutale attacco ci si possa leggere qualche odio personale. Mi piace pensare però che con questa presa di posizione coraggiosa Paolo Guzzanti abbia voluto solo dire a Silvio, l’uomo che non deve chiedere mai, nemmeno per rogatoria, che non può continuare a fare il bello e il cattivo tempo. E’ per questo che con grande soddisfazione e senso di solidarietà ho letto il finale dell’articolo. Un finale nel quale Guzzanti torna al suo notorio senso del limite, alla sua mitica pacatezza, al suo leggendario gusto per l’understatement. Un finale soft, bipartizan, conciliativo, come a ricordare al suo quasi editore di non montarsi la testa, che in fondo si è trattato di una cosa così, niente di speciale. Ha concluso così Paolo Guzzanti, con grande sprezzo del pericolo: “Il 10 novembre del 2001 passerà alla storia”.
Claudio Sabelli Fioretti36.segue
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