Arrivo davanti al portoncino della casa di Diana De Feo, dove la simpatica moglie del famigerato Emilio Fede ha organizzato una cena per una trentina di persone. Vedo che davanti al portone accanto, dove abitano Franco Tatò e Sonia Raule, c’è una piccola folla. Sono furbo e capisco che anche dall’ex amministratore delegato dell’Enel deve esserci una festa. Mi chiama il mio amico Silvestro, che sta andando da Tatò. “Claudio, tu da Fede? Tu sei più da Tatò”. Io ignoro di essere “da Tatò” ma faccio presente all’amico Silvestro che non si può andare a casa di chi non ti invita e non andare a casa di chi ti invita. E poi, ma mica per scusarmi, io vado da Diana non da Emilio.
Entro. Conosco pochissima gente. Anzi, nessuno. Arriva Monorchio. Non lo conosco ma so chi è. O almeno chi è stato. E’ stato Ragioniere generale dello Stato. Arriva Umberto Croppi, l’assessore alla cultura di Roma, appena passato dal Pdl al Fli. Lo conosco, l’ho anche intervistato. Scambiamo qualche parola. Si bevono bollicine in coppe larghe. Diana spiega che sono una diversa dall’altra perché non si usano più e lei le compra nei mercatini, usate. Si parla di arte. Io non capisco nulla di arte e quindi taccio. Ma non resisto alla tentazione di sparare ugualmente la mia cazzata. Dico a Diana, che è senatrice del Pdl, e ad altri che sono grosso modo da quella parte: “Come fa della gente di cultura a non disprezzare un governo che ha detto che con la cultura non si mangia?” Mi pento subito perché parte un pippone contro i comunisti che pure loro…che la colpa non è di Bondi… che il ministro Rutelli allora?… E vogliamo parlare della Melandri? No, io non voglio parlare della Melandri ma a questo punto, colpo di scena, Monorchio se ne va. Dio mio che cosa abbiamo fatto? Dice Monorchio: “Questa è casa Tatò? No? Allora ho sbagliato festa. Grazie dell’ottimo champagne. La compagnia sarebbe ottima ma dobbiamo andare da Sonia e Franco”.
Risata generale. Qualcuno azzarda: “Chissà se qualcuno dei nostri è andato da Tatò”. Nemmeno fosse il divino Otelma. Squilla un cellulare. Sono due invitate da Diana che dicono: “Siamo sulle scale”. “Ma qui non ci sono scale”. Le due ospiti di Diana sono finite da Sonia. E la scena si ripete. “Questa non è casa De Feo?”. “No, questa è casa Tatò”. “Rimarremmo volentieri con voi ma ci attendono all’altra cena”. E così lasciano la compagnia (Christo, mica bruscolini) e ci raggiungono. Vengono accolti da una ovazione.
Finalmente ognuno nella giusta casa, direi nella giuista casella. Mangiamo tutti affacciati su uno dei più fantastici panorami della Roma notturna. Io, che “sono più da Tatò”, sto benissimo con Diana, ma comunque che fatica le terrazze romane.