Oggi ad un Giorno da pecora c’era il diavolo, Massimo Ciancimino, il figlio di Vito Ciancimino, che fu sindaco di Palermo e fu condannato per associazione mafiosa. Ha esordito con convinzione. “Sono un pirla, chi parla è un pirla. Viviamo in una situazione in cui paga il silenzio ed è rassicurante l’omertà”. Ma perché prima non parlavi, allora? Gli abbiamo chiesto. “Perché i magistrati non mi chiamavano. Quando hanno cominciato a farmi domande, ho risposto”.
Adesso Ciancimino parla. Tu fai domande e lui parla. “Vantaggi dall’essere figlio di tanto padre? “Nessuno, anzi quando vivevo a Roma per due anni sono stato fidanzato con una ragazza sotto falso nome, altrimenti la madre non l’avrebbe più fatta uscire”. Un cognome ingombrante. “Ho dovuto usare il cognome di un mio amico, la ragazza sapeva chi ero, ma alla madre non potevo dire “sono il figlio di Ciancimino”. Massimo, “il pirla”, ha anche scherzato sul suo rapporto con i reality. Noi gli abbiamo chiesto se sarebbe andato al Grande Fratello visto che nella casa c’è già il figlio di un camorrista. “Il Grande Fratello ce l’ho dentro casa: tra cimici e telecamere! Ho anche il confessionale!”. Finirai in galera, prima o poi, essendo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa? “Non essendo né un senatore né il cugino di Mubarak, in caso fossi ritenuto colpevole sicuramente non potrò evitare la galera”. Ed entrare in politica? “Non mi interessa, un ruolo in tal senso non mi si addice. Parlo troppo per la politica”. Gli abbiamo chiesto se aveva mai interrogato il padre sulla presunta mafiosità di Berlusconi. “Si, glielo ho chiesto per ben tre o quattro volte, e lui ha risposto no, Berlusconi è una vittima della mafia”. E a suo padre non hai mai chiesto se lui era un mafioso? “Più volte. Mio padre ha risposto che era vittima della mafia”. Berlusconi comunque lo ha votato. Un paio di volte. Poi ha smesso di votare. “Mi sono levato il vizio”. Comunque Berlusconi e Massimo Ciancimino non si sono mai incontrati. “Ma mio padre e mia madre sì. Andarono a pranzo con lui in un ristorante di Milano, vicino a piazza Diaz”.
“Io non amavo mio padre, il mio giudizio su di lui e’ veramente negativo. Ho scritto quello che pensavo di mio padre anche nel mio libro ‘Don Vito’. Quando vado
al cimitero cerco di avere un solo ricordo piacevole di mio padre ma non ci riesco. Mio padre era un tramite tra la mafia, le istituzioni e imprenditori. Faceva parte di un sistema che era un collettore tra i grandi sistemi di potere. Però rifiutava la cultura mafiosa come le ‘punciute’ e le processioni”.
Massimo gira sotto scorta. Ha ricevuto molte minacce. Ovviamente gli abbiamo chiesto se ha paura. Se ha più paura dello Stato o della Mafia. “Mi fa più paura l’anti-Stato piuttosto che Cosa nostra”. Durante la presunta trattativa tra Stato e mafia, avvenuta all’indomani della stagione stragista, Ciancimino jr era un abile postino di “pizzini”, anche per questo adesso è accusato di concorso esterno. “Quando portavo i ‘pizzini’ il mio intento era quello di porre fine alla strategia stragista, catturare boss come Riina e Provenzano. Lo spirito era quello. Non era certo quello di favorire la mafia”.