da Gianni Guasto
No, scusate, ma così non ce la facciamo. Non possiamo competere. Con quelle ragazzine che in una notte guadagnano due mesi dello stipendio del privilegiato che scrive e tre o quattro di quello dell’assistente sociale, e nove o dieci o venti di quelli degli educatori che dovrebbero trascorrere le giornate con loro, noi non abbiamo più alcuna voce in capitolo. Si ha un bel darsi da fare, da questo balcone affacciato sulla disperazione, sulla miseria dell’abbandono affettivo, degli abusi e delle violenze familiari, dei bambini la cui venuta al mondo non è stata gradita e che ora, una volta diventati dei non-adulti, si apprestano a ripetere lo stesso trattamento nei confronti dei loro figli nati ancora una volta per sbaglio; si ha un bel darsi da fare per tentare ciò che è già impossibile (restituire a chi non l’ha mai avuto un minimo di intimità familiare, un minimo di sicurezza, una base a cui ritornare precipitosamente quando i predatori che affollano la strada si fanno troppo vicini), quando offrire solidarietà e sostegno affettivo può sembrare una misera cosa per chi non ha avuto niente, immaginate che cosa succederà quando, per caso, incrociamo un diavolo minorenne che veste Prada e srotola sotto gli occhi luccicanti e umiliati delle compagne di stanza un rotolo di banconote per un totale di diecimila euro. Che cosa possiamo raccontare a queste ragazzine, cui basta una telefonata per trovare una limousine alla porta? A queste Cenerentole scappate dal libro di favole, che quel libro richiama prepotentemente, e non soltanto con i mezzi della seduzione ipnotica che proviene dal denaro, dalla fama e dai lussi smodati, ma da quell’ansia implicitamente minacciosa che fa accorrere persone che in apparenza non c’entrerebbero nulla, come se la loro sorte importasse davvero? Come se non ci fosse sotto quell’affaccendarsi di avvocati dalle parcelle favolose la sottile preoccupazione di chi ha forse troppo da nascondere? Cosa ci resterà da fare, se neanche i giornalisti più indignati alla fin fine trascurano di sottolineare la considerazione più ovvia: che risparmiare alla Ruby di turno una notte in Questura e il ritorno in Comunità non è quel trattamento “di favore” cui non hanno diritto neppure le nipoti dei Potenti, ma l’esatto contrario: è la negazione del diritto di essere sottratta alla strada, alle sue escort, ai suoi sordidi avvocati di grido. Ancora una volta, Pinocchio è condotto via dall’Omino di Burro, per tornare nel Paese dei Balocchi, sotto lo sguardo annichilito delle Istituzioni.
Pienamenente d’accordo. Non c’è stato un giornale o una tv che abbia fatto notare che essere affidati alla Minetti per essere di nuovo subito abbandonati per la strada è un’ulteriore violenza subita dalla ragazza. E un non riconoscere il lavoro di chi cerca di costruire nel possibile una vita dignitosa per queste persone.
E’ come se tu stessi dicendo che il problema è la punizione, o meglio, la visibilità della punizione.
Pinocchio scopre ben presto che il paese dei balocchi è una fregatura, si diventa asini e poi si viene venduti per fare la pelle dei tamburi. Ma all’ingresso non lo sapeva.
Forse per resuscitare le capacità di un solerte educatore, oltre ad un congruo aumento di stipendio sul quale è meglio non contare, ci vorrebbe qualche storia “vera”…
Qualche persona che abbia deciso di rivendicare la propria dignità raccontando quello che le è successo DOPO i giri in giostra, invece di sprofondare nel silenzio.
Anche se questa operazione è difficile: può far pensare al ragazzo/a che lui/lei sarà più in gamba, che basta conoscere le trappole per evitarle, che lui/lei sarà più bella,…
Non vedo l’argomento. Che fare la troia renda lo sappiamo, bella scoperta. Solo Famiglia Cristiana lo ignora. Forse perché i preti non pagano la tariffa piena o usano il personale di bordo.
A C. Opezzi: Io ho parlato di comunità che salvano dalla strada; non capisco che cosa c’entri la punizione. Quanto alle storie vere se vuoi ho quelle di trent’anni di professione da raccontarti.
A B. Stucchi: lei non vede il problema perché guarda le ragazze che fanno la vita con gli occhi del cliente (tanto è vero che usa lo stesso linguaggio); provi invece a guardarle con occhi di genitore.
(il correttore s’impalla)
volevo correggere in questo modo:
Io penso che, date le circostanze rivoluzionate dalla telefonata del Presidente del Consiglio, da parte delle istituzioni ci sia stato l’impellente desiderio di “sbolognare” il prima possibile l’ospite scomoda. Unica preoccupazione è stata quindi quella di ottemperare alla formale procedura prevista per poi lavarsene le mani. In sostanza in quell’occasione non si è nemmeno per un momento pensato all’obbligo istituzionale di aiutare concretamente Ruby a ritrovare quella corretta via che, probabilmente per la sua giovane età, da sempre privata di sane esperienze di vita, la mira del facile guadagno le aveva fatto smarrire.
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