da Muin Masri
Arrivai in Italia appena adulto, avevo vissuto di poco o niente, il mondo l’avevo visto attraverso gli occhi degli altri, nei racconti di chi aveva viaggiato o al cinema o nei libri. Il giorno della partenza avevo una paura tremenda: “e se la realtà non rispecchiasse il sogno?”. Per i primi tre mesi ho fatto la vita degli ubriachi, non avevo mai visto tanto verde così verde, era l’Umbria in primavera. Ospite, qua e là, in Emilia Romagna ero ingrassato di dieci kili, mangiavo regolarmente tre pasti al giorno, mai successo prima. Anche la pelle stava diventando normale, liscia, potevo lavarmi quanto mi pareva e spalmarmi di Nivea d’estate e di burro cacao d’inverno. In Piemonte ho tagliato i capelli ricci e i baffi neri per mimetizzarmi meglio in mezzo alla folla silenziosa e per piacere più alle donne che agli uomini. Dopo due matrimoni e tre figli, praticamente di quel ragazzo, alto, magro e un po’ ruvido, non è rimasto niente, tranne la tremenda paura di vivere la vita nei racconti degli altri o al cinema o nei libri. Come un palestinese, appunto.
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